Il paradosso della carcerazione preventiva (uno dei “mali necessari” del processo penale) acquista tutta la sua drammaticità quando destinatari del provvedimento restrittivo sono soggetti minori di età, portatori di una fragilità psico-fisica a cagione dell’età che rischia di essere accentuata attraverso il traumatico impatto con l’esperienza detentiva. Il sistema processuale minorile delineato nel d.p.r. 448/1988, improntato al principio di minima offensività, assegna alla custodia cautelare in carcere un ruolo residuale, pur senza rinunciarvi. Lo scopo che il lavoro si prefigge è quello di ricostruire l’istituto e i suoi caratteri in una prospettiva che consenta di arginarne le possibili ricadute negative sui percorsi di crescita dell’imputato minorenne, circoscrivendone presupposti e condizioni di ammissibilità a quelli strettamente necessari ad assicurare la celebrazione del processo e l’accertamento della responsabilità, riducendo al minimo, se non addirittura vietando, il ricorso alla detenzione per finalità di neutralizzazione della pericolosità dell’imputato. In quest'ottica, i criteri di scelta e le modalità applicative della detenzione cautelare andrebbero parametrati sulle istanze educative del minorenne, attraverso il rafforzamento della rete di protezione che lo accompagna lungo tutto il percorso processuale e la creazione di una gamma di alternative al carcere che funga da efficace dispositivo cautelare. In prospettiva de iure condendo, andrebbe valutata la concreta possibilità di rimodulare le regole processuali a tutela della libertà del minorenne (diritto all’habeas corpus) anticipando il contraddittorio e l’esercizio del diritto di difesa ad una fase che preceda l’adozione del provvedimento cautelare.

La detenzione cautelare del minorenne è ancora un'ingiustizia necessaria

CARACENI, Lina
2012-01-01

Abstract

Il paradosso della carcerazione preventiva (uno dei “mali necessari” del processo penale) acquista tutta la sua drammaticità quando destinatari del provvedimento restrittivo sono soggetti minori di età, portatori di una fragilità psico-fisica a cagione dell’età che rischia di essere accentuata attraverso il traumatico impatto con l’esperienza detentiva. Il sistema processuale minorile delineato nel d.p.r. 448/1988, improntato al principio di minima offensività, assegna alla custodia cautelare in carcere un ruolo residuale, pur senza rinunciarvi. Lo scopo che il lavoro si prefigge è quello di ricostruire l’istituto e i suoi caratteri in una prospettiva che consenta di arginarne le possibili ricadute negative sui percorsi di crescita dell’imputato minorenne, circoscrivendone presupposti e condizioni di ammissibilità a quelli strettamente necessari ad assicurare la celebrazione del processo e l’accertamento della responsabilità, riducendo al minimo, se non addirittura vietando, il ricorso alla detenzione per finalità di neutralizzazione della pericolosità dell’imputato. In quest'ottica, i criteri di scelta e le modalità applicative della detenzione cautelare andrebbero parametrati sulle istanze educative del minorenne, attraverso il rafforzamento della rete di protezione che lo accompagna lungo tutto il percorso processuale e la creazione di una gamma di alternative al carcere che funga da efficace dispositivo cautelare. In prospettiva de iure condendo, andrebbe valutata la concreta possibilità di rimodulare le regole processuali a tutela della libertà del minorenne (diritto all’habeas corpus) anticipando il contraddittorio e l’esercizio del diritto di difesa ad una fase che preceda l’adozione del provvedimento cautelare.
2012
8814175780
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