L’antropologia dell’homo patiens appare attraversata da una frattura profonda, che oltrepassa il profilo della cultura contemporanea: questa difficoltà nasce da una correlazione costitutiva di logos e pathos, che lascia coabitare nell’esistenza le chances dell’homo sapiens con i limiti dell’homo patiens. Questo legame investe una forma di paradossale discontinuità e come tale assume il carattere di un dislivello irriducibile e nello stesso tempo indisgiungibile: logos e pathos convivono come modalità originarie dell’esistenza personale e non possono essere separati e classificati come eventi occasionali e irrelati. La persona è il mistero tangibile dell’incontro tra opacità del pathos e lucidità del logos. Di conseguenza, se appare epistemologicamente problematica la domanda intorno al senso della sofferenza, non lo è di certo la domanda intorno al senso della persona sofferente. La persona che conosce e che agisce, che media le differenze, innalzandosi dal visibile all’invisibile, dal particolare all’universale, è la stessa che patisce, cioè che sperimenta una situazione di passività, subita nella forma di una immediatezza irri-mediabile. Il contributo, impegnato a ritrovare un legame profondo tra la malattia e il male, s’interroga sulla radicalità del male a partire dall’originarietà del bene, scegliendo un approccio che tenti di situare l’enigma della passività nel cuore stesso dell’agire.
Essere, agire, patire: l’anomalia della finitezza
ALICI, Luigino
2003-01-01
Abstract
L’antropologia dell’homo patiens appare attraversata da una frattura profonda, che oltrepassa il profilo della cultura contemporanea: questa difficoltà nasce da una correlazione costitutiva di logos e pathos, che lascia coabitare nell’esistenza le chances dell’homo sapiens con i limiti dell’homo patiens. Questo legame investe una forma di paradossale discontinuità e come tale assume il carattere di un dislivello irriducibile e nello stesso tempo indisgiungibile: logos e pathos convivono come modalità originarie dell’esistenza personale e non possono essere separati e classificati come eventi occasionali e irrelati. La persona è il mistero tangibile dell’incontro tra opacità del pathos e lucidità del logos. Di conseguenza, se appare epistemologicamente problematica la domanda intorno al senso della sofferenza, non lo è di certo la domanda intorno al senso della persona sofferente. La persona che conosce e che agisce, che media le differenze, innalzandosi dal visibile all’invisibile, dal particolare all’universale, è la stessa che patisce, cioè che sperimenta una situazione di passività, subita nella forma di una immediatezza irri-mediabile. Il contributo, impegnato a ritrovare un legame profondo tra la malattia e il male, s’interroga sulla radicalità del male a partire dall’originarietà del bene, scegliendo un approccio che tenti di situare l’enigma della passività nel cuore stesso dell’agire.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.