Gli indicatori utilizzati per la descrizione e per la relativa classificazione territoriale sono stati costruiti a partire dalle fonti statistiche censuarie ISTAT a cui si aggiungono altre fonti, quali la Banca d'Italia, il Banco di Santo Spirito, l'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. L'utilizzazione della fonte censuaria ISTAT ha comportato la necessità di riferire l'indagine stessa alla data del 1982 e, pertanto, ha talora imposto procedure di adattamento delle altre informazioni non sempre disponibili con la stessa periodicità ed alla stessa data. Si espongono le motivazioni sottostanti alla scelta degli indicatori ed alla formulazione delle ipotesi sui legami che intercorrono tra di essi, proprio al fine di spiegare la conformazione socio-economica del territorio attraverso la categoria marginalità/sviluppo. E' opportuno precisare che la classificazione del territorio prevede la scelta del confine comunale come livello minimo di analisi e pertanto l'attributo di una parte (pur se prevalente) diviene il carattere di tutto il territorio, realizzandosi inevitabilmente l'identificazione tra comune "prevalentemente" collinare o montano con la collina o la montagna. Nonostante questa inevitabile semplificazione, l'analisi consente di percepire gli aspetti macroeconomici dei fenomeni, realizzando nel contempo il confronto tra situazioni locali diverse. Questo vincolo nel livello di analisi è stato imposto al fine di consentire la zonizzazione più congrua rispetto a quelle consuete all'interno di una regione ma, nello stesso tempo, consente di saggiare il grado di difficoltà che si incontra nel reperire i dati statistici comunali necessari alla costruzione del modello proposto. In questo ambito, le difficoltà superate sono state piuttosto semplici per quanto riguarda i dati comunali non pubblicati dall'ISTAT, mentre maggiore impegno, dispendio di energie e, per così dire, "fantasia" nel percorre i giusti canali informativi, ha comportato il reperimento dei dati di natura finanziaria relativi ai dati di natura finanziaria riguardanti li impieghi ed i depositi bancari, i dati fiscali sul reddito dominicale e sul reddito agrario (R.D. e R.A.) del catasto nonché quelli riguardanti i dati previdenziali relativi al numero ed all'entità delle pensioni INPS. Dalla misura empirica delle differenze territoriali, stilizzate attraverso gli indicatori, è possibile trarre il peso relativo dei singoli fattori sulla gerarchizzazione territoriale e quindi sulla cartografia della marginalità/sviluppo. In relazione ad uno o più punti di riferimento, l'analisi permette di misurare il peso di uno o di un gruppo di fattori sul posizionamento relativo di un sistema territoriale rispetto agli altri sistemi individuati. All'interno dei singoli sitemi individuati localmente, ovvero anche all'interno stesso dei sistemi regionali globali, è possibile trarre l'indicazione su quale sia il ruolo svolto dall'agricoltura nelle singole zone, e quindi in quelle collinari e montane, come confronto rispetto ad una o più situazioni di riferimento. Come messo più ampiamente in risalto in altra parte del lavoro, la scelta degli indicatori sottende la formulazione delle ipotesi da noi assunte rispetto al meccanismo che muove le relazioni sociali ed economiche e che comunque conduce un sistema territoriale a posizionarsi in un particolare gradino nella scala dello sviluppo. Secondo tali ipotesi si suppone che lo sviluppo generale di un territorio sia identificabile con la sua vivibilità (ovvero con la capacità del sistema locale di attrarre e mantenere attività ed individuai) e definibile attraverso una una sorta di funzione pluridimensionale, i cui argomenti siano in parte di natura economica ed in parte di natura sociale. Tenendo conto della discussione precedentemente proposta (Cfr paragrafi sub 2 e 3), e del metodo seguita nel lavoro (Cfr paragrafi sub 4), nella quale si è cercato di dimostrare la relatività della definizione dello stato di marginalità/sviluppo dall'approccio teorico prescelto, nella scelta degli indicatori socio-economici, capaci di identificare e misurare empiricamente lo sviluppo e la vivibilità di un territorio, sono stati privilegiati, in quanto si possono ritenere sufficientemente significativi rispetto alla complessità del fenomeno territoriale, appunto quelli che consentono di descrivere la capacità di localizzare le unità produttive, quindi di insediare la popolazione e di fornirla di reddito e di servizi (Irpet, 1974). Secondo un'altra prospettiva, la serie di indicatori è stata approntata per identificare le differenze territoriali e costituisce la base empirica per la verifica delle ipotesi precedentemente formulate. Le scelte teoriche privilegiate hanno pertanto tenuto presente le seguenti esigenze: (i) considerare l'agricoltura non come un "comparto" a se stante, ma come una parte dell'intero sistema sociale, cioè nel contempo come una fase del processo produttivo che fornisce beni e servizi e come una delle opportunità reddituali che l'agente economico ha a disposizione, (ii) usare indicatori esclusivamente o quasi di natura economica al fine di limitare (senza dimenticarne l'importanza), il determinismo dei risultati indotto esclusivamente dalla natura geografica zonale.

La scelta degli indicatori

CORINTO, GIAN LUIGI
1992-01-01

Abstract

Gli indicatori utilizzati per la descrizione e per la relativa classificazione territoriale sono stati costruiti a partire dalle fonti statistiche censuarie ISTAT a cui si aggiungono altre fonti, quali la Banca d'Italia, il Banco di Santo Spirito, l'Istituto Nazionale di Previdenza Sociale. L'utilizzazione della fonte censuaria ISTAT ha comportato la necessità di riferire l'indagine stessa alla data del 1982 e, pertanto, ha talora imposto procedure di adattamento delle altre informazioni non sempre disponibili con la stessa periodicità ed alla stessa data. Si espongono le motivazioni sottostanti alla scelta degli indicatori ed alla formulazione delle ipotesi sui legami che intercorrono tra di essi, proprio al fine di spiegare la conformazione socio-economica del territorio attraverso la categoria marginalità/sviluppo. E' opportuno precisare che la classificazione del territorio prevede la scelta del confine comunale come livello minimo di analisi e pertanto l'attributo di una parte (pur se prevalente) diviene il carattere di tutto il territorio, realizzandosi inevitabilmente l'identificazione tra comune "prevalentemente" collinare o montano con la collina o la montagna. Nonostante questa inevitabile semplificazione, l'analisi consente di percepire gli aspetti macroeconomici dei fenomeni, realizzando nel contempo il confronto tra situazioni locali diverse. Questo vincolo nel livello di analisi è stato imposto al fine di consentire la zonizzazione più congrua rispetto a quelle consuete all'interno di una regione ma, nello stesso tempo, consente di saggiare il grado di difficoltà che si incontra nel reperire i dati statistici comunali necessari alla costruzione del modello proposto. In questo ambito, le difficoltà superate sono state piuttosto semplici per quanto riguarda i dati comunali non pubblicati dall'ISTAT, mentre maggiore impegno, dispendio di energie e, per così dire, "fantasia" nel percorre i giusti canali informativi, ha comportato il reperimento dei dati di natura finanziaria relativi ai dati di natura finanziaria riguardanti li impieghi ed i depositi bancari, i dati fiscali sul reddito dominicale e sul reddito agrario (R.D. e R.A.) del catasto nonché quelli riguardanti i dati previdenziali relativi al numero ed all'entità delle pensioni INPS. Dalla misura empirica delle differenze territoriali, stilizzate attraverso gli indicatori, è possibile trarre il peso relativo dei singoli fattori sulla gerarchizzazione territoriale e quindi sulla cartografia della marginalità/sviluppo. In relazione ad uno o più punti di riferimento, l'analisi permette di misurare il peso di uno o di un gruppo di fattori sul posizionamento relativo di un sistema territoriale rispetto agli altri sistemi individuati. All'interno dei singoli sitemi individuati localmente, ovvero anche all'interno stesso dei sistemi regionali globali, è possibile trarre l'indicazione su quale sia il ruolo svolto dall'agricoltura nelle singole zone, e quindi in quelle collinari e montane, come confronto rispetto ad una o più situazioni di riferimento. Come messo più ampiamente in risalto in altra parte del lavoro, la scelta degli indicatori sottende la formulazione delle ipotesi da noi assunte rispetto al meccanismo che muove le relazioni sociali ed economiche e che comunque conduce un sistema territoriale a posizionarsi in un particolare gradino nella scala dello sviluppo. Secondo tali ipotesi si suppone che lo sviluppo generale di un territorio sia identificabile con la sua vivibilità (ovvero con la capacità del sistema locale di attrarre e mantenere attività ed individuai) e definibile attraverso una una sorta di funzione pluridimensionale, i cui argomenti siano in parte di natura economica ed in parte di natura sociale. Tenendo conto della discussione precedentemente proposta (Cfr paragrafi sub 2 e 3), e del metodo seguita nel lavoro (Cfr paragrafi sub 4), nella quale si è cercato di dimostrare la relatività della definizione dello stato di marginalità/sviluppo dall'approccio teorico prescelto, nella scelta degli indicatori socio-economici, capaci di identificare e misurare empiricamente lo sviluppo e la vivibilità di un territorio, sono stati privilegiati, in quanto si possono ritenere sufficientemente significativi rispetto alla complessità del fenomeno territoriale, appunto quelli che consentono di descrivere la capacità di localizzare le unità produttive, quindi di insediare la popolazione e di fornirla di reddito e di servizi (Irpet, 1974). Secondo un'altra prospettiva, la serie di indicatori è stata approntata per identificare le differenze territoriali e costituisce la base empirica per la verifica delle ipotesi precedentemente formulate. Le scelte teoriche privilegiate hanno pertanto tenuto presente le seguenti esigenze: (i) considerare l'agricoltura non come un "comparto" a se stante, ma come una parte dell'intero sistema sociale, cioè nel contempo come una fase del processo produttivo che fornisce beni e servizi e come una delle opportunità reddituali che l'agente economico ha a disposizione, (ii) usare indicatori esclusivamente o quasi di natura economica al fine di limitare (senza dimenticarne l'importanza), il determinismo dei risultati indotto esclusivamente dalla natura geografica zonale.
1992
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