“Philosophie de l’esprit” è una collana di testi fondata presso la casa editrice Aubier-Montaigne nel 1934 da Louis Lavelle e René Le Senne. Collana nella quale confluirono voci molto diverse tra loro: vi pubblicarono infatti, oltre a Lavelle e Le Senne, Gabriel Marcel, Jean Nabert, Aimé Forest, Gabriel Madinier, Gaston Berger, Eugène Minkowski, Paul Ricoeur, Jean Hyppolite, Henry Duméry, solo per citare alcuni tra i nomi più celebri. Autori molto diversi tra loro, spesso non concordi ma accomunati dall’appartenere ad una medesima “costellazione nello spiritualismo francese”. Lo “spiritualismo”, in Francia, è stata una galassia dove le tante costellazioni hanno variato ed interpretato – ovviamente – l’esprit. Anche gli autori della collana “Philosophie de l’esprit” lo hanno declinato variamente sempre tenendo presente il duplice significato del concetto. Esprit, nelle Méditations métaphysiques di Descartes, traduce – per mano del duc de Luynes – il latino mens (a sua volta una delle traduzioni del greco nous). Ma esprit traduce anche pneuma, spiritus, il che connota la tradizione francese – inaugurata da Descartes – del tratto psicho-métaphysique che la distingue, come Le Senne osserva nell’articolo De la «philosophie de l’esprit». Ancora, nel manifesto programmatico della collection, rappresentato dall’avant-propos del numero cinque del 1939 della «Revue internationale de philosophie» – numero interamente dedicato al movimento in questione – Lavelle e Le Senne, presentando la loro opera, scrivono le ragioni storico-teoretiche da cui erano sollecitati. Due situazioni minacciavano la filosofia: il prestigio della scienza e l’assolutismo dello stato. Nel già citato De la «philosophie de l’esprit» Le Senne riespone gli stessi temi denunciando, oltre all’invadenza delle due realtà sopra dette, anche quella della tecnica e una concezione dell’uomo inteso come soggettività assoluta. In risposta a queste tendenze, “la” Philosophie de l’esprit propone di tornare all’homme concret, all’uomo concreto, ossia l’uomo nella sua complessione psico-fisica. Più in generale, la riflessione sul “concreto” è l’anima di questa costellazione della filosofia francese; un concreto inteso secondo quanto proposto da Jean Wahl, il quale, rileggendo alcuni temi delle opere di William James, di Alfred N. Whitehead e di Gabriel Marcel, rivendica il primato dell’immediato (il mio/miens, il qui/ici, l’ora/maintenant) contro l’idealismo e il realismo che ne hanno depauperato l’efficacia. La densità del dato e della realtà tutta consiste, tra gli altri aspetti, nella duplice oscillazione tra immanenza e trascendenza che li attraversa; o, parafrasando il testo di Wahl, consiste in una sorta di “al-di-là” dal quale la conoscenza riceve senso, verso cui si dirige e da cui trae il proprio nutrimento, e da una densità compatta e immanente. Così, nel concetto di esprit, il nous esprime il carattere immanenza nel quale si dà la trascendenza dello pneuma. Per alcuni anni la collezione “Philosophie de l’esprit” diede voce ai più autorevoli esponenti della filosofia francese. Poi, nel 1956, la collana – sotto l’urgenza delle critiche mosse dall’ormai mutato milieu filosofico d’oltralpe – fu interrotta. Jean Conilh, in un articolo pubblicato in Esprit, ben sintetizza le critiche mosse alla collana (e dunque ad un certo modo di intendere la filosofia) in quegli anni. Lo studioso, formatosi alla scuola di Lavelle e Le Senne, ricorda che questi ultimi comunicarono e insegnarono ad intere generazioni la passione per la coscienza, o meglio «il prezzo e il gusto della coscienza» della quale, però, avevano fatto conoscere soltanto il carattere più luminoso, pur, simple, tranquille. I toni e i motivi della critica di Conilh, rivolti in special modo al carattere limpido e quasi scevro di tensioni di questa scuola, non debbono farci pensare, come si potrebbe propendere di primo acchito, ad una critica d’ispirazione esistenzialista: l’autore, infatti, nel medesimo articolo, critica con toni non meno aspri anche l’existentialisme. Di fatto, la polemica intendeva travolgere l’idea di coscienza pura, vuoto spirituale che i nostri autori e la tradizione cui appartenevano avrebbe tramandato. In consonanza con la proposta della rivista «Esprit», anche Conilh conclude auspicando un superamento di tale coscienzialismo non in vista di un’altra filosofia (foss’anche la fenomenologia o l’esistenzialismo), proponendo invece la via del dialogo tra la filosofia e le scienze umane. Di fatto, della «Philosophie de l’esprit» non si parla più da tempo e i protagonisti della filosofia francese degli ultimi quaranta anni non si sono certamente appellati all’autorità dell’esprit. Di più, le varie acefalie e crisi della soggettività che si sono imposte nella filosofia francese del XX secolo hanno coinvolto l’esprit identificandolo tout court con lo coscienzialismo spiritualista che aveva rappresentato una costellazione nello spiritualismo francese ignorandone invece la voie métaphysique, che nella seconda metà del secolo scorso, è stata rivisitata da Claude Bruaire; filosofo che, dopo la fine della “Philosophie de l’esprit”, ha ripreso in Francia la riflessione sull’esprit mettendone in luce un tratto posseduto anche dalla riflessione degli autori sopra citati, ossia il suo avere a che fare con l’essere e con la libertà.

La Philosophie de l’esprit : una costellazione nello spiritualismo francese

CANULLO, Carla
2011-01-01

Abstract

“Philosophie de l’esprit” è una collana di testi fondata presso la casa editrice Aubier-Montaigne nel 1934 da Louis Lavelle e René Le Senne. Collana nella quale confluirono voci molto diverse tra loro: vi pubblicarono infatti, oltre a Lavelle e Le Senne, Gabriel Marcel, Jean Nabert, Aimé Forest, Gabriel Madinier, Gaston Berger, Eugène Minkowski, Paul Ricoeur, Jean Hyppolite, Henry Duméry, solo per citare alcuni tra i nomi più celebri. Autori molto diversi tra loro, spesso non concordi ma accomunati dall’appartenere ad una medesima “costellazione nello spiritualismo francese”. Lo “spiritualismo”, in Francia, è stata una galassia dove le tante costellazioni hanno variato ed interpretato – ovviamente – l’esprit. Anche gli autori della collana “Philosophie de l’esprit” lo hanno declinato variamente sempre tenendo presente il duplice significato del concetto. Esprit, nelle Méditations métaphysiques di Descartes, traduce – per mano del duc de Luynes – il latino mens (a sua volta una delle traduzioni del greco nous). Ma esprit traduce anche pneuma, spiritus, il che connota la tradizione francese – inaugurata da Descartes – del tratto psicho-métaphysique che la distingue, come Le Senne osserva nell’articolo De la «philosophie de l’esprit». Ancora, nel manifesto programmatico della collection, rappresentato dall’avant-propos del numero cinque del 1939 della «Revue internationale de philosophie» – numero interamente dedicato al movimento in questione – Lavelle e Le Senne, presentando la loro opera, scrivono le ragioni storico-teoretiche da cui erano sollecitati. Due situazioni minacciavano la filosofia: il prestigio della scienza e l’assolutismo dello stato. Nel già citato De la «philosophie de l’esprit» Le Senne riespone gli stessi temi denunciando, oltre all’invadenza delle due realtà sopra dette, anche quella della tecnica e una concezione dell’uomo inteso come soggettività assoluta. In risposta a queste tendenze, “la” Philosophie de l’esprit propone di tornare all’homme concret, all’uomo concreto, ossia l’uomo nella sua complessione psico-fisica. Più in generale, la riflessione sul “concreto” è l’anima di questa costellazione della filosofia francese; un concreto inteso secondo quanto proposto da Jean Wahl, il quale, rileggendo alcuni temi delle opere di William James, di Alfred N. Whitehead e di Gabriel Marcel, rivendica il primato dell’immediato (il mio/miens, il qui/ici, l’ora/maintenant) contro l’idealismo e il realismo che ne hanno depauperato l’efficacia. La densità del dato e della realtà tutta consiste, tra gli altri aspetti, nella duplice oscillazione tra immanenza e trascendenza che li attraversa; o, parafrasando il testo di Wahl, consiste in una sorta di “al-di-là” dal quale la conoscenza riceve senso, verso cui si dirige e da cui trae il proprio nutrimento, e da una densità compatta e immanente. Così, nel concetto di esprit, il nous esprime il carattere immanenza nel quale si dà la trascendenza dello pneuma. Per alcuni anni la collezione “Philosophie de l’esprit” diede voce ai più autorevoli esponenti della filosofia francese. Poi, nel 1956, la collana – sotto l’urgenza delle critiche mosse dall’ormai mutato milieu filosofico d’oltralpe – fu interrotta. Jean Conilh, in un articolo pubblicato in Esprit, ben sintetizza le critiche mosse alla collana (e dunque ad un certo modo di intendere la filosofia) in quegli anni. Lo studioso, formatosi alla scuola di Lavelle e Le Senne, ricorda che questi ultimi comunicarono e insegnarono ad intere generazioni la passione per la coscienza, o meglio «il prezzo e il gusto della coscienza» della quale, però, avevano fatto conoscere soltanto il carattere più luminoso, pur, simple, tranquille. I toni e i motivi della critica di Conilh, rivolti in special modo al carattere limpido e quasi scevro di tensioni di questa scuola, non debbono farci pensare, come si potrebbe propendere di primo acchito, ad una critica d’ispirazione esistenzialista: l’autore, infatti, nel medesimo articolo, critica con toni non meno aspri anche l’existentialisme. Di fatto, la polemica intendeva travolgere l’idea di coscienza pura, vuoto spirituale che i nostri autori e la tradizione cui appartenevano avrebbe tramandato. In consonanza con la proposta della rivista «Esprit», anche Conilh conclude auspicando un superamento di tale coscienzialismo non in vista di un’altra filosofia (foss’anche la fenomenologia o l’esistenzialismo), proponendo invece la via del dialogo tra la filosofia e le scienze umane. Di fatto, della «Philosophie de l’esprit» non si parla più da tempo e i protagonisti della filosofia francese degli ultimi quaranta anni non si sono certamente appellati all’autorità dell’esprit. Di più, le varie acefalie e crisi della soggettività che si sono imposte nella filosofia francese del XX secolo hanno coinvolto l’esprit identificandolo tout court con lo coscienzialismo spiritualista che aveva rappresentato una costellazione nello spiritualismo francese ignorandone invece la voie métaphysique, che nella seconda metà del secolo scorso, è stata rivisitata da Claude Bruaire; filosofo che, dopo la fine della “Philosophie de l’esprit”, ha ripreso in Francia la riflessione sull’esprit mettendone in luce un tratto posseduto anche dalla riflessione degli autori sopra citati, ossia il suo avere a che fare con l’essere e con la libertà.
2011
9788857507088
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