Il commento all’art. 521 c.p.p. riguarda il tema della correlazione tra accusa e sentenza. Lo scritto si apre con una introduzione che illustra le contrastanti posizioni della dottrina e della giurisprudenza in tema di correlazione tra accusa e sentenza, posizioni che si sono formate già nella vigenza del codice Rocco e che sono poi state riprese nell'interpretazione del codice del 1988. In particolare, la dottrina propende per una rigida applicazione del principio di correlazione ritenendo che la semplice difformità tra fatto contestato e fatto emerso in dibattimento determini il vizio di correlazione. Dal canto suo la giurisprudenza ritiene che la difformità sia irrilevante se non provoca un effettivo danno al diritto di difesa. Vengono quindi analizzati, sia pure per categorie, i casi clinici nei quali la difformità tra fatto contestato il fatto emerso non determina il vizio di correlazione. Si passa quindi all'esame del concetto di mutamento essenziale dell'accusa, attraverso il quale si cerca di individuare una nozione di difformità rilevante ai fini dell'applicazione della norma. Connesso a tali argomenti è il tema del principio di continenza per il quale la correlazione permane se gli elementi di novità possono essere inclusi nello spettro della stessa. Viene pertanto individuata un’analitica casistica delle situazioni in cui può operare il principio di continenza, anche in relazione a particolari tipologie di reato ed a determinate forme di manifestazione dell’illecito penale. Ulteriore tematica è quella dell'ordinanza di trasmissione degli atti al pubblico ministero: vengono esaminati natura, impugnabilità, rapporti con altre tipologie decisorie, sviluppi procedurali successivi al provvedimento, ambiti processuali di operatività. Altra fondamentale tematica posta dalla disposizione commentata ed affrontata è quella della qualificazione giuridica del fatto. Se ne esaminano i limiti di operatività del correlativo potere del giudice nei vari stati e gradi del procedimento, le conseguenze dell'esercizio il detto potere e le interferenze col diritto di difesa. Infine vengono analiticamente prese in considerazione le diverse situazioni che si creano quando, nei giudizi di impugnazione, viene rilevato il vizio di correlazione e vengono così dichiarate le conseguenze processuali che tale vizio comporta.

Commento all'art. 521 c.p.p.

TASSI, Andrea
2005-01-01

Abstract

Il commento all’art. 521 c.p.p. riguarda il tema della correlazione tra accusa e sentenza. Lo scritto si apre con una introduzione che illustra le contrastanti posizioni della dottrina e della giurisprudenza in tema di correlazione tra accusa e sentenza, posizioni che si sono formate già nella vigenza del codice Rocco e che sono poi state riprese nell'interpretazione del codice del 1988. In particolare, la dottrina propende per una rigida applicazione del principio di correlazione ritenendo che la semplice difformità tra fatto contestato e fatto emerso in dibattimento determini il vizio di correlazione. Dal canto suo la giurisprudenza ritiene che la difformità sia irrilevante se non provoca un effettivo danno al diritto di difesa. Vengono quindi analizzati, sia pure per categorie, i casi clinici nei quali la difformità tra fatto contestato il fatto emerso non determina il vizio di correlazione. Si passa quindi all'esame del concetto di mutamento essenziale dell'accusa, attraverso il quale si cerca di individuare una nozione di difformità rilevante ai fini dell'applicazione della norma. Connesso a tali argomenti è il tema del principio di continenza per il quale la correlazione permane se gli elementi di novità possono essere inclusi nello spettro della stessa. Viene pertanto individuata un’analitica casistica delle situazioni in cui può operare il principio di continenza, anche in relazione a particolari tipologie di reato ed a determinate forme di manifestazione dell’illecito penale. Ulteriore tematica è quella dell'ordinanza di trasmissione degli atti al pubblico ministero: vengono esaminati natura, impugnabilità, rapporti con altre tipologie decisorie, sviluppi procedurali successivi al provvedimento, ambiti processuali di operatività. Altra fondamentale tematica posta dalla disposizione commentata ed affrontata è quella della qualificazione giuridica del fatto. Se ne esaminano i limiti di operatività del correlativo potere del giudice nei vari stati e gradi del procedimento, le conseguenze dell'esercizio il detto potere e le interferenze col diritto di difesa. Infine vengono analiticamente prese in considerazione le diverse situazioni che si creano quando, nei giudizi di impugnazione, viene rilevato il vizio di correlazione e vengono così dichiarate le conseguenze processuali che tale vizio comporta.
2005
9788813252243
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