Nel confronto con la molteplicità delle situazioni, la Compagnia di Gesù interviene con operazioni di mediazione condotte all’interno di prospettive analoghe a quelle che soltanto in epoca a noi vicina si svilupperanno come inculturative, articolando in maniera del tutto innovativa gli strumenti della comunicazione. I Gesuiti riescono a raggiungere risultati esemplari nel campo della valutazione delle specificità culturali ed etniche incontrate nelle missioni, e i loro nuovi linguaggi determinano, comunque sia, la “riorganizzazione” e il “riorientamento” e agiscono, in modo puntuale e mirato, su realtà linguistiche consolidate - è ciò che avverrà nello spazio culturale sino-nipponico -, o, in maniera costruttiva, su tradizioni linguistiche orali - come quando rendono il tupì la “língua geral” della costa del Brasile introducendolo nella pratica ecclesiastica e applicandolo ad altre realtà “unificabili” amerinde. La linguistica missionaria non si configura come “preistoria” acritica della linguistica, né va ridotta a una descrizione dell’”esotico”; essa va piuttosto valutata come una parte integrante di questa scienza, contraddistinta da uno specifico oggetto epistemologico, e partecipe del dibattito in atto fra razionalismo ed empirismo. Le risposte che sono state fornite ai criteri di adeguatezza terminologica alle idee religiose e scientifiche portate in Oriente dai Gesuiti vanno inserite nel processo dell’analisi di questo scambio cognitivo del quale, però, manca ancora un’indagine che possa dirsi scientifica sia in rapporto alla Cina sia al Giappone e alle altre realtà asiatiche. Le definizioni di “linguistica missionaria” e, con essa congiunta, di “linguistica gesuitica” comportano un allargamento della prospettiva della storia del pensiero linguistico che si rivela assolutamente necessaria in relazione al quadro evolutivo delle conoscenze dei dati e dei metodi di procedura e in considerazione dei tratti compositivi del contesto epistemico favorevoli alla caratterizzazione autonoma del pensiero linguistico. Questa linguistica partecipa degli atteggiamenti che si sono venuti registrando nel percorso che dalle esperienze umanistico-rinascimentali hanno condotto a quelle illuministico-romantiche. L’appropriazione degli strumenti retorici, lo sviluppo della sensibilità linguistica e l’uso imposto del latino come lingua veicolare orale e scritta mirano a dotare l’allievo di una rigorosa sensibilità verso la comunicazione che diviene funzionale agli obiettivi strategici delle missioni, come è oramai possibile verificare sulla base dei dati provenienti dalle aree più diverse - al momento sono censiti, oltre a di 430 testi di varia natura, 165 grammatiche, 164 dizionari, 167 catechismi redatti in 140 lingue. Intanto l’addestramento e l’esercizio producono la fioritura di poesia lirica e didattica in latino e l’impegno nelle letterature in volgare - per l’italiano si pensi alla prosa di Daniello Bartoli portata ad esempio di stile dal Leopardi. Le missioni verso l’Estremo Oriente hanno il loro promotore in Francesco Saverio, uno dei primi confratelli di Ignazio, il quale, pur dedicandosi soprattutto al Giappone, avverte la necessità di estendere l’evangelizzazione al resto dello spazio sino-nipponico, giacché capisce che esso è storicamente e culturalmente dipendente dalla Cina, e per primo elabora l’idea di adattare il messaggio cristiano ai contesti locali per trasformarli dall’interno. Nello stravolgere le direttive eurocentriche della politica dei patroni portoghesi, e contrastando nelle Indie Orientali la bramosia imperialista e lo sfruttamento colonialista che altri Padri si stanno provando a ostacolare nelle Reducciones delle Indie Occidentali, Saverio insiste sull’urgenza della evangelizzazione attraverso il mezzo linguistico dell’ “altro”. Nonostante che nel complesso i risultati non si dimostrino pari alle intenzioni, questa visione strategica è continuata a essere perseguita dal Visitatore della Compagnia, Alessandro Valignano, la cui formazione politica, pur derivata dalla sua formazione di stampo aristotelico, è attuata secondo il metodo inculturativo, contraddistinto per prudenza, pazienza ed equilibrio, che caratterizzerà la missionologia gesuitica all’interno dell’orbita del Padroado portoghese delle Indie Orientali

La percezione dell’”altro” nella cultura linguistica dei Gesuiti

POLI, Diego
2006-01-01

Abstract

Nel confronto con la molteplicità delle situazioni, la Compagnia di Gesù interviene con operazioni di mediazione condotte all’interno di prospettive analoghe a quelle che soltanto in epoca a noi vicina si svilupperanno come inculturative, articolando in maniera del tutto innovativa gli strumenti della comunicazione. I Gesuiti riescono a raggiungere risultati esemplari nel campo della valutazione delle specificità culturali ed etniche incontrate nelle missioni, e i loro nuovi linguaggi determinano, comunque sia, la “riorganizzazione” e il “riorientamento” e agiscono, in modo puntuale e mirato, su realtà linguistiche consolidate - è ciò che avverrà nello spazio culturale sino-nipponico -, o, in maniera costruttiva, su tradizioni linguistiche orali - come quando rendono il tupì la “língua geral” della costa del Brasile introducendolo nella pratica ecclesiastica e applicandolo ad altre realtà “unificabili” amerinde. La linguistica missionaria non si configura come “preistoria” acritica della linguistica, né va ridotta a una descrizione dell’”esotico”; essa va piuttosto valutata come una parte integrante di questa scienza, contraddistinta da uno specifico oggetto epistemologico, e partecipe del dibattito in atto fra razionalismo ed empirismo. Le risposte che sono state fornite ai criteri di adeguatezza terminologica alle idee religiose e scientifiche portate in Oriente dai Gesuiti vanno inserite nel processo dell’analisi di questo scambio cognitivo del quale, però, manca ancora un’indagine che possa dirsi scientifica sia in rapporto alla Cina sia al Giappone e alle altre realtà asiatiche. Le definizioni di “linguistica missionaria” e, con essa congiunta, di “linguistica gesuitica” comportano un allargamento della prospettiva della storia del pensiero linguistico che si rivela assolutamente necessaria in relazione al quadro evolutivo delle conoscenze dei dati e dei metodi di procedura e in considerazione dei tratti compositivi del contesto epistemico favorevoli alla caratterizzazione autonoma del pensiero linguistico. Questa linguistica partecipa degli atteggiamenti che si sono venuti registrando nel percorso che dalle esperienze umanistico-rinascimentali hanno condotto a quelle illuministico-romantiche. L’appropriazione degli strumenti retorici, lo sviluppo della sensibilità linguistica e l’uso imposto del latino come lingua veicolare orale e scritta mirano a dotare l’allievo di una rigorosa sensibilità verso la comunicazione che diviene funzionale agli obiettivi strategici delle missioni, come è oramai possibile verificare sulla base dei dati provenienti dalle aree più diverse - al momento sono censiti, oltre a di 430 testi di varia natura, 165 grammatiche, 164 dizionari, 167 catechismi redatti in 140 lingue. Intanto l’addestramento e l’esercizio producono la fioritura di poesia lirica e didattica in latino e l’impegno nelle letterature in volgare - per l’italiano si pensi alla prosa di Daniello Bartoli portata ad esempio di stile dal Leopardi. Le missioni verso l’Estremo Oriente hanno il loro promotore in Francesco Saverio, uno dei primi confratelli di Ignazio, il quale, pur dedicandosi soprattutto al Giappone, avverte la necessità di estendere l’evangelizzazione al resto dello spazio sino-nipponico, giacché capisce che esso è storicamente e culturalmente dipendente dalla Cina, e per primo elabora l’idea di adattare il messaggio cristiano ai contesti locali per trasformarli dall’interno. Nello stravolgere le direttive eurocentriche della politica dei patroni portoghesi, e contrastando nelle Indie Orientali la bramosia imperialista e lo sfruttamento colonialista che altri Padri si stanno provando a ostacolare nelle Reducciones delle Indie Occidentali, Saverio insiste sull’urgenza della evangelizzazione attraverso il mezzo linguistico dell’ “altro”. Nonostante che nel complesso i risultati non si dimostrino pari alle intenzioni, questa visione strategica è continuata a essere perseguita dal Visitatore della Compagnia, Alessandro Valignano, la cui formazione politica, pur derivata dalla sua formazione di stampo aristotelico, è attuata secondo il metodo inculturativo, contraddistinto per prudenza, pazienza ed equilibrio, che caratterizzerà la missionologia gesuitica all’interno dell’orbita del Padroado portoghese delle Indie Orientali
2006
9788878701540
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