H. T. Engelhardt Jr., nato nel 1941, docente di Filosofia e di Medicina in diverse Università del Texas, direttore del Journal of Medicine and Philosophy e di Christian Bioethics, è il capostipite del consensualismo o contrattualismo, una delle correnti della bioetica che figura già nei manuali. La presente ricerca ha per oggetto la bioetica laica di E., come esposta principalmente in The Foundations of Bioethics (1986, 19962). Si articola in tre momenti: presentazione della posizione di E.; analisi specifica della sua fondatezza e coerenza; analisi critica dei suoi elementi base. 1. La bioetica laica di E. parte da due presupposti. Il primo: impossibilità della fondazione razionale di un’etica laica sostanziale, perché tutti i tentativi risultano inadeguati allo scopo. Il secondo: incommensurabilità e incomunicabilità, nel postmoderno, tra culture e punti di vista differenti, etica compresa. È possibile allora solo un’etica formale. E quella di E. è appunto un’etica formale (in parte sulla linea del «principialismo» di Beauchamp e Childress), che può riscuotere il consenso di tutti, permette l’adesione pratica dei soggetti a etiche sostanziali diverse, assicura la convivenza pacifica. È fondata essenzialmente sul principio di libertà e su quello, subordinato, di beneficenza, e sulla distinzione tra «essere umano» (vivente che appartiene alla specie uomo) e «persona» (chi ha autocoscienza, razionalità, libertà, senso morale). Così, in bioetica, per il principio di libertà ognuno può fare di sé e con i consenzienti ciò che vuole (liceità dell’eutanasia, della prostituzione, ecc.), e in forza della concezione della persona può trattare gli esseri umani sostanzialmente a propria discrezione (liceità dell’aborto, dell’espianto degli organi in chi è in coma vegetativo irreversibile, ecc.). 2. L’etica laica di E. è infondata e incoerente. Non è un’etica formale, perché ha corposi contenuti: la libertà, valore assoluto; la persona, centro della moralità; la gerarchia tra i principi. È un’etica sostanziale, che di fatto non è dimostrata, e in linea di principio non è dimostrabile per E. che ritiene indimostrabile ogni etica sostanziale. È riduttiva (trascura l’interiorità), e infondata (non dimostra la prescrittività dei principi). È convenzionalistica: la persona coincide con il significato del termine «persona»; è il consenso, non la verità, che fonda la moralità. 3. L’etica di E. è viziata da alcuni elementi che sono puri presupposti. Pluralità di culture e di punti di vista non vuol dire impossibilità di comprensione: al fondo delle culture vi è una comune umanità; prospetticità e oggettività della conoscenza sono compatibili, come ha ben dimostrato Pareyson. L’etica sostanziale non è indimostrabile, ove non si rifiuti pregiudizialmente la metafisica. La cosiddetta «legge di Hume» non ha alcun valore, se non in un fenomenismo radicale ingiustificabile. La concezione che E. ha della persona è inaccettabile: è fenomenistica (la persona è una pura somma di caratteri); è dualistica (vita biologica e vita personale sono in assoluta divaricazione); è arbitraria (le qualità che definiscono la persona sono frutto di pura scelta). Ma, infine, se è il consenso che conta per E., dato che nelle Dichiarazioni di Organismi internazionali come l’ONU e l’UNESCO «essere umano» e «persona» si identificano, sono sinonimi, E. o tiene fermo il valore del consenso ma allora deve rinunciare alla differenziazione tra essere umano e persona, o mantiene questa distinzione ma deve rinunciare al consenso come fondante in etica: un segno evidente dell’incoerenza dell’intero sistema della bioetica contrattualistica. Come si vede, la ricerca verte sulla bioetica laica di E., ma insiste particolarmente non su questioni di bioetica ma sull’etica di questo indirizzo di bioetica.

Sulla bioetica laica generale di H. T. Engelhardt Jr.

DE DOMINICIS, Emilio
2009-01-01

Abstract

H. T. Engelhardt Jr., nato nel 1941, docente di Filosofia e di Medicina in diverse Università del Texas, direttore del Journal of Medicine and Philosophy e di Christian Bioethics, è il capostipite del consensualismo o contrattualismo, una delle correnti della bioetica che figura già nei manuali. La presente ricerca ha per oggetto la bioetica laica di E., come esposta principalmente in The Foundations of Bioethics (1986, 19962). Si articola in tre momenti: presentazione della posizione di E.; analisi specifica della sua fondatezza e coerenza; analisi critica dei suoi elementi base. 1. La bioetica laica di E. parte da due presupposti. Il primo: impossibilità della fondazione razionale di un’etica laica sostanziale, perché tutti i tentativi risultano inadeguati allo scopo. Il secondo: incommensurabilità e incomunicabilità, nel postmoderno, tra culture e punti di vista differenti, etica compresa. È possibile allora solo un’etica formale. E quella di E. è appunto un’etica formale (in parte sulla linea del «principialismo» di Beauchamp e Childress), che può riscuotere il consenso di tutti, permette l’adesione pratica dei soggetti a etiche sostanziali diverse, assicura la convivenza pacifica. È fondata essenzialmente sul principio di libertà e su quello, subordinato, di beneficenza, e sulla distinzione tra «essere umano» (vivente che appartiene alla specie uomo) e «persona» (chi ha autocoscienza, razionalità, libertà, senso morale). Così, in bioetica, per il principio di libertà ognuno può fare di sé e con i consenzienti ciò che vuole (liceità dell’eutanasia, della prostituzione, ecc.), e in forza della concezione della persona può trattare gli esseri umani sostanzialmente a propria discrezione (liceità dell’aborto, dell’espianto degli organi in chi è in coma vegetativo irreversibile, ecc.). 2. L’etica laica di E. è infondata e incoerente. Non è un’etica formale, perché ha corposi contenuti: la libertà, valore assoluto; la persona, centro della moralità; la gerarchia tra i principi. È un’etica sostanziale, che di fatto non è dimostrata, e in linea di principio non è dimostrabile per E. che ritiene indimostrabile ogni etica sostanziale. È riduttiva (trascura l’interiorità), e infondata (non dimostra la prescrittività dei principi). È convenzionalistica: la persona coincide con il significato del termine «persona»; è il consenso, non la verità, che fonda la moralità. 3. L’etica di E. è viziata da alcuni elementi che sono puri presupposti. Pluralità di culture e di punti di vista non vuol dire impossibilità di comprensione: al fondo delle culture vi è una comune umanità; prospetticità e oggettività della conoscenza sono compatibili, come ha ben dimostrato Pareyson. L’etica sostanziale non è indimostrabile, ove non si rifiuti pregiudizialmente la metafisica. La cosiddetta «legge di Hume» non ha alcun valore, se non in un fenomenismo radicale ingiustificabile. La concezione che E. ha della persona è inaccettabile: è fenomenistica (la persona è una pura somma di caratteri); è dualistica (vita biologica e vita personale sono in assoluta divaricazione); è arbitraria (le qualità che definiscono la persona sono frutto di pura scelta). Ma, infine, se è il consenso che conta per E., dato che nelle Dichiarazioni di Organismi internazionali come l’ONU e l’UNESCO «essere umano» e «persona» si identificano, sono sinonimi, E. o tiene fermo il valore del consenso ma allora deve rinunciare alla differenziazione tra essere umano e persona, o mantiene questa distinzione ma deve rinunciare al consenso come fondante in etica: un segno evidente dell’incoerenza dell’intero sistema della bioetica contrattualistica. Come si vede, la ricerca verte sulla bioetica laica di E., ma insiste particolarmente non su questioni di bioetica ma sull’etica di questo indirizzo di bioetica.
2009
9788862591522
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