Situato lungo l’attuale corso Cavour a Fermo, Palazzo Monti viene radicalmente ristrutturato per il conte Domenico Monti dall’architetto fermano Giovan Battista Carducci entro il 1848. Repubblicano e democratico nel cardo ’48 e poi liberale e sabaudo con l’Unità d’Italia, Monti decide ci decorare le stanze del suo palazzo con un articolato ciclo iconografico, ove confluiscono le suggestioni ricevute durante la sua complessa formazione e le idee patriottiche della sua famiglia. Il programma iconografico, concepito sin dall’inizio come unitario e ricostruito attraverso i disegni autografi di Carducci, conservati nella Biblioteca civica di Fermo, è focalizzato intorno alle virtù dell’uomo “politico” che il conte sogna di essere, il cittadino perfetto, novello Enea. Nel succedersi degli ambienti, che nel loro insieme si prestano a una lettura di tipo iniziatico, sembra inoltre celarsi un’allusione al graduale miglioramento dell’uomo che, da uno stato animalesco (rappresentato dalle gorgoni della prima stanza), si eleva, attraverso l’istruzione (la camera da studio), l’esempio degli uomini illustri (che secondo il progetto originario dovevano decorare la sala d’ingresso), l’esercizio delle virtù (raffigurate nella sala maggiore), la memoria della propria storia familiare (simboleggiata nella sala da caminetto), alla piena “umanità” di Enea (protagonista della sala da ricevere), immagine dell’uomo virile e virtuoso, pronto al talamo nuziale (la camera da letto). Una lettura organica di questo tipo potrebbe forse essere la spia di un contatto più o meno diretto di Monti con qualche società segreta, come ad esempio la carboneria o la massoneria, le quali miravano ad ottenere riforme liberali e a modernizzare la società, mediante la rigenerazione morale e intellettuale degli adepti che avrebbero guidato i mutamenti politici. Anche lo stile utilizzato per mettere in scena questo programma è portatore di significato, giacché nelle stanze traspare una peculiare interpretazione del Rinascimento, cui si fa continuamente riferimento nella forma, nelle composizioni e nei soggetti. Grazie agli interessi e alla cultura del committente e agli artisti da lui coinvolti (tra i quali spicca forse la personalità del romano Nicola Consoni), il ciclo di Palazzo Monti sembra inserirsi nel generale dibattito ottocentesco sul Rinascimento, allora chiamato significativamente “risorgimento” e interpretato come il portato delle libertà repubblicane. Proprio nell’Ottocento si comincia infatti a cercare di rafforzare l’identità culturale italiana rileggendo in ogni suo aspetto l’epoca rinascimentale, che diventa lo specchio dei problemi dell’Italia contemporanea, in particolare di quelli riguardanti l’indipendenza e l’unità nazionale. Oggi il palazzo, pur essendo stata la residenza di un uomo considerato già dai suoi contemporanei un padre della patria, verte in gravissime condizioni di conservazione: il soffitto della camera da letto, dipinto secondo il progetto di Carducci con un soggetto erotico, è irrimediabilmente perduto, mentre in diverse stanze sono comparse muffe sulle superfici pittoriche.

Per diventare Enea. Domenico Monti, Giovan Battista Carducci e l’interpretazione risorgimentale del Rinascimento

CAPRIOTTI, GIUSEPPE
2010-01-01

Abstract

Situato lungo l’attuale corso Cavour a Fermo, Palazzo Monti viene radicalmente ristrutturato per il conte Domenico Monti dall’architetto fermano Giovan Battista Carducci entro il 1848. Repubblicano e democratico nel cardo ’48 e poi liberale e sabaudo con l’Unità d’Italia, Monti decide ci decorare le stanze del suo palazzo con un articolato ciclo iconografico, ove confluiscono le suggestioni ricevute durante la sua complessa formazione e le idee patriottiche della sua famiglia. Il programma iconografico, concepito sin dall’inizio come unitario e ricostruito attraverso i disegni autografi di Carducci, conservati nella Biblioteca civica di Fermo, è focalizzato intorno alle virtù dell’uomo “politico” che il conte sogna di essere, il cittadino perfetto, novello Enea. Nel succedersi degli ambienti, che nel loro insieme si prestano a una lettura di tipo iniziatico, sembra inoltre celarsi un’allusione al graduale miglioramento dell’uomo che, da uno stato animalesco (rappresentato dalle gorgoni della prima stanza), si eleva, attraverso l’istruzione (la camera da studio), l’esempio degli uomini illustri (che secondo il progetto originario dovevano decorare la sala d’ingresso), l’esercizio delle virtù (raffigurate nella sala maggiore), la memoria della propria storia familiare (simboleggiata nella sala da caminetto), alla piena “umanità” di Enea (protagonista della sala da ricevere), immagine dell’uomo virile e virtuoso, pronto al talamo nuziale (la camera da letto). Una lettura organica di questo tipo potrebbe forse essere la spia di un contatto più o meno diretto di Monti con qualche società segreta, come ad esempio la carboneria o la massoneria, le quali miravano ad ottenere riforme liberali e a modernizzare la società, mediante la rigenerazione morale e intellettuale degli adepti che avrebbero guidato i mutamenti politici. Anche lo stile utilizzato per mettere in scena questo programma è portatore di significato, giacché nelle stanze traspare una peculiare interpretazione del Rinascimento, cui si fa continuamente riferimento nella forma, nelle composizioni e nei soggetti. Grazie agli interessi e alla cultura del committente e agli artisti da lui coinvolti (tra i quali spicca forse la personalità del romano Nicola Consoni), il ciclo di Palazzo Monti sembra inserirsi nel generale dibattito ottocentesco sul Rinascimento, allora chiamato significativamente “risorgimento” e interpretato come il portato delle libertà repubblicane. Proprio nell’Ottocento si comincia infatti a cercare di rafforzare l’identità culturale italiana rileggendo in ogni suo aspetto l’epoca rinascimentale, che diventa lo specchio dei problemi dell’Italia contemporanea, in particolare di quelli riguardanti l’indipendenza e l’unità nazionale. Oggi il palazzo, pur essendo stata la residenza di un uomo considerato già dai suoi contemporanei un padre della patria, verte in gravissime condizioni di conservazione: il soffitto della camera da letto, dipinto secondo il progetto di Carducci con un soggetto erotico, è irrimediabilmente perduto, mentre in diverse stanze sono comparse muffe sulle superfici pittoriche.
2010
9788873261513
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/43103
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