Ormai considerato un classico della filosofia politica, il pensiero di Hannah Arendt è sempre più al centro del dibattito contemporaneo, continuando ad offrire elementi per ripensare le categorie politiche moderne. Questo lavoro si pone l’obiettivo di rileggere la teoria politica di Arendt muovendo dai totalitarismi come “fardello del nostro tempo” e come fondo critico di ogni futuro esercizio politico, per giungere a una messa a tema di paradigmi centrali per un orizzonte politico relazionale, quali il mondo comune e la responsabilità. Attorno a questi nodi concettuali sembrano potersi intessere molti dei luoghi che strutturano il pensiero arendtiano: dall’apolidia al “diritto ad avere diritti”, dal dominio totale all’azione come rinascita, dall’ideologia alla facoltà di giudizio politico. Dinanzi all’assenza di pensiero, quale incapacità di accogliere il mondo nel proprio giudizio, l’invito arendtiano a pensare a ciò che facciamo sembra riattivare un’esigenza etica di senso e responsabilità. Se il male come assenza di limiti è stato l’effetto di individui incapaci di andare in profondità col pensiero mettendo radici, occorrerà rivitalizzare il rapporto con il mondo come ciò che abbiamo in comune. Si tratta di un rapporto eminentemente politico, se per politica intendiamo, in termini arendtiani, uno spazio polifonico di relazione.

Mondo comune e responsabilità politica. Rileggendo la teoria politica di Hannah Arendt

MATTUCCI, NATASCIA
2008-01-01

Abstract

Ormai considerato un classico della filosofia politica, il pensiero di Hannah Arendt è sempre più al centro del dibattito contemporaneo, continuando ad offrire elementi per ripensare le categorie politiche moderne. Questo lavoro si pone l’obiettivo di rileggere la teoria politica di Arendt muovendo dai totalitarismi come “fardello del nostro tempo” e come fondo critico di ogni futuro esercizio politico, per giungere a una messa a tema di paradigmi centrali per un orizzonte politico relazionale, quali il mondo comune e la responsabilità. Attorno a questi nodi concettuali sembrano potersi intessere molti dei luoghi che strutturano il pensiero arendtiano: dall’apolidia al “diritto ad avere diritti”, dal dominio totale all’azione come rinascita, dall’ideologia alla facoltà di giudizio politico. Dinanzi all’assenza di pensiero, quale incapacità di accogliere il mondo nel proprio giudizio, l’invito arendtiano a pensare a ciò che facciamo sembra riattivare un’esigenza etica di senso e responsabilità. Se il male come assenza di limiti è stato l’effetto di individui incapaci di andare in profondità col pensiero mettendo radici, occorrerà rivitalizzare il rapporto con il mondo come ciò che abbiamo in comune. Si tratta di un rapporto eminentemente politico, se per politica intendiamo, in termini arendtiani, uno spazio polifonico di relazione.
2008
9788860561220
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