Il saggio rielabora ed estende un intervento presentato a convegno internazionale. The Age of Innocence è l’operazione narrativa, di scavo, recupero e reinterpretazione del passato personale e del recente passato di New York poi celebrati da Edith Wharton nell’autobiografia. La città, e l’oligarchia che la regge non vengono però rappresentate nel romanzo come reliquie scomparse, ma piuttosto seguite, con sguardo antropologico, nella loro complessa metamorfosi. La versione fittizia della trasformazione sociale, urbanistica, e dell’allargamento dell’egemonia della città agli inizi degli anni Ottanta evocata da Wharton, cioè, reinscrive all’interno dell’ottima società newyorchese le cause di quella che gli storici Edwin G. Burrows e Mike Wallace hanno ironicamente definito la “migrazione” verso nord dell’alta borghesia di Manhattan. La causa scatenante di quella migrazione, secondo Wharton, non è la pressione esercitata dagli immigrati o dalla media borghesia, né la trasformazione commerciale della zona attorno a Union Square, ma un motivo ‘endogeno’: lo spirito frontieristico di newyorchesi eccellenti come Catherine Mingott, la matriarca della Quinta Avenue, e Dallas Archer, figlio di Newland e May Welland. Inscrivendo nel passato la ricerca del nuovo, Wharton, l’espatriata che risiede stabilmente in Francia dal 1907, riafferma a distanza la propria appartenenza nazionale e l’americanità della parte sana dell’antica élite newyorchese. Come nell’ideologia della casa-nazione di Theodore Roosevelt, il cui doppio fittizio compare fugacemente nel romanzo nel ruolo di deus ex machina, Wharton concilia la spinta propulsiva della frontiera con le virtù della famiglia, del focolare domestico, e della salvaguardia della purezza nazionale, reinserendo la New York delle antiche élite nel flusso della storia nazionale. Ambientato negli anni Settanta-Ottanta dell’Ottocento, nel momento delle devastanti recessioni economiche, delle prime grandi immigrazioni dall’Europa del Sud e dell’Est, e composto nel 1920, quando il quadro etnico e urbanistico di New York è significativamente cambiato, e Harlem è contemporaneamente mecca e ghetto della popolazione afroamericana, The Age of Innocence rappresenta, come ha scritto Anne MacMaster, la celebrazione del candore dell’età dell’innocenza, la presunta “whiteness” razziale ed etnica di New York, nel momento della sua crisi. Simbolo importante di quel biancore inviolato è il personaggio forse più in ombra del romanzo, May Welland, di cui The Age of Innocence celebra il lavoro silenzioso di moglie e madre esemplare al servizio della nuova razza americana propagandata da Roosevelt.

"Uno sguardo indietro. The Age of Innocence (1920) di Edith Wharton"

PETROVICH NJEGOSH, Tatiana
2004-01-01

Abstract

Il saggio rielabora ed estende un intervento presentato a convegno internazionale. The Age of Innocence è l’operazione narrativa, di scavo, recupero e reinterpretazione del passato personale e del recente passato di New York poi celebrati da Edith Wharton nell’autobiografia. La città, e l’oligarchia che la regge non vengono però rappresentate nel romanzo come reliquie scomparse, ma piuttosto seguite, con sguardo antropologico, nella loro complessa metamorfosi. La versione fittizia della trasformazione sociale, urbanistica, e dell’allargamento dell’egemonia della città agli inizi degli anni Ottanta evocata da Wharton, cioè, reinscrive all’interno dell’ottima società newyorchese le cause di quella che gli storici Edwin G. Burrows e Mike Wallace hanno ironicamente definito la “migrazione” verso nord dell’alta borghesia di Manhattan. La causa scatenante di quella migrazione, secondo Wharton, non è la pressione esercitata dagli immigrati o dalla media borghesia, né la trasformazione commerciale della zona attorno a Union Square, ma un motivo ‘endogeno’: lo spirito frontieristico di newyorchesi eccellenti come Catherine Mingott, la matriarca della Quinta Avenue, e Dallas Archer, figlio di Newland e May Welland. Inscrivendo nel passato la ricerca del nuovo, Wharton, l’espatriata che risiede stabilmente in Francia dal 1907, riafferma a distanza la propria appartenenza nazionale e l’americanità della parte sana dell’antica élite newyorchese. Come nell’ideologia della casa-nazione di Theodore Roosevelt, il cui doppio fittizio compare fugacemente nel romanzo nel ruolo di deus ex machina, Wharton concilia la spinta propulsiva della frontiera con le virtù della famiglia, del focolare domestico, e della salvaguardia della purezza nazionale, reinserendo la New York delle antiche élite nel flusso della storia nazionale. Ambientato negli anni Settanta-Ottanta dell’Ottocento, nel momento delle devastanti recessioni economiche, delle prime grandi immigrazioni dall’Europa del Sud e dell’Est, e composto nel 1920, quando il quadro etnico e urbanistico di New York è significativamente cambiato, e Harlem è contemporaneamente mecca e ghetto della popolazione afroamericana, The Age of Innocence rappresenta, come ha scritto Anne MacMaster, la celebrazione del candore dell’età dell’innocenza, la presunta “whiteness” razziale ed etnica di New York, nel momento della sua crisi. Simbolo importante di quel biancore inviolato è il personaggio forse più in ombra del romanzo, May Welland, di cui The Age of Innocence celebra il lavoro silenzioso di moglie e madre esemplare al servizio della nuova razza americana propagandata da Roosevelt.
2004
9788800816137
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