Tra la fine del Duecento e il Trecento Siena rappresenta uno dei maggiori centri di elaborazione dell’arte gotica in Italia, che vi assume esiti peculiari in ragione delle singolari aperture in direzione del gotico transalpino espresse inizialmente nel campo dell’oreficeria e della scultura e poi anche in quello della pittura. In questo periodo la città è interessata da un ampio disegno di espansione e rinnovamento dell’assetto urbanistico, che si manifesta nella trasformazione del tessuto edilizio diffuso e soprattutto negli assetti e nei caratteri dei due principali cantieri cittadini: quello del Palazzo Pubblico (con l’antistante “piazza del Campo”) e quello del Duomo. In quest’ultimo operano Nicola Pisano e suo figlio Giovanni, che proprio a Siena si afferma come uno dei più alti interpreti della scultura gotica europea. Tanto grande e originale, però, da restare di fatto isolato, come chiarisce la produzione dei maggiori scultori senesi del XIV secolo, che pure sviluppano, come lui, le componenti francesizzanti introdotte in città dai grandi maestri orafi del momento. Sulla stessa linea si muove anche la pittura, che dopo la fortunata stagione bizantineggiante della seconda metà del Duecento, si orienta decisamente, con Duccio di Boninsegna, verso una originale interpretazione degli stilemi gotici, in cui la lezione della coeva pittura francese si fonde con suggestioni giottesche, in una direzione che verrà approfondita, sviluppata e tradotta in chiave personale da Pietro e Ambrogio Lorenzetti. Alternativa a quella dei Lorenzetti è invece la lezione di Simone Martini, che si afferma come il principale rappresentante di una pittura colta e raffinata, fortemente influenzata dai modelli del gotico transalpino e caratterizzata da una inedita sontuosità. Alla lezione di questi quattro artisti guardano gli altri pittori attivi sulla scena cittadina nel corso del Trecento.

Siena. Un polo di eccezionale vitalità

VERGANI, Graziano Alfredo
2006-01-01

Abstract

Tra la fine del Duecento e il Trecento Siena rappresenta uno dei maggiori centri di elaborazione dell’arte gotica in Italia, che vi assume esiti peculiari in ragione delle singolari aperture in direzione del gotico transalpino espresse inizialmente nel campo dell’oreficeria e della scultura e poi anche in quello della pittura. In questo periodo la città è interessata da un ampio disegno di espansione e rinnovamento dell’assetto urbanistico, che si manifesta nella trasformazione del tessuto edilizio diffuso e soprattutto negli assetti e nei caratteri dei due principali cantieri cittadini: quello del Palazzo Pubblico (con l’antistante “piazza del Campo”) e quello del Duomo. In quest’ultimo operano Nicola Pisano e suo figlio Giovanni, che proprio a Siena si afferma come uno dei più alti interpreti della scultura gotica europea. Tanto grande e originale, però, da restare di fatto isolato, come chiarisce la produzione dei maggiori scultori senesi del XIV secolo, che pure sviluppano, come lui, le componenti francesizzanti introdotte in città dai grandi maestri orafi del momento. Sulla stessa linea si muove anche la pittura, che dopo la fortunata stagione bizantineggiante della seconda metà del Duecento, si orienta decisamente, con Duccio di Boninsegna, verso una originale interpretazione degli stilemi gotici, in cui la lezione della coeva pittura francese si fonde con suggestioni giottesche, in una direzione che verrà approfondita, sviluppata e tradotta in chiave personale da Pietro e Ambrogio Lorenzetti. Alternativa a quella dei Lorenzetti è invece la lezione di Simone Martini, che si afferma come il principale rappresentante di una pittura colta e raffinata, fortemente influenzata dai modelli del gotico transalpino e caratterizzata da una inedita sontuosità. Alla lezione di questi quattro artisti guardano gli altri pittori attivi sulla scena cittadina nel corso del Trecento.
2006
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