Verità e carne sono due temi che hanno attraversato la filosofia del novecento. L’attraversamento non è mai indifferente ed anche il solo calpestio modifica il suolo attraversato. Allo stesso modo “verità e carne” sono passate nella filosofia del novecento, giunte fino ad oggi dopo percorsi da cui sono state (esse stesse) trasformate. Sono “passate”, dunque, come d’altronde è sempre accaduto nella storia del pensiero. E come ogni passaggio, anche il loro è stato accompagnato da un souci, da una cura. La ben nota Sorge heideggeriana non distolga dal significato “vitale” e “vivente” del termine: si passa per cercare incessantemente luoghi da “abitare”, ricerca che è mossa dal bisogno di vivere, nutrirsi, crescere. La filosofia stessa “passa”, mossa dal bisogno di vivere, nutrirsi, rispondere; bisogno proprio di chi “fa filosofia” nei diversi luoghi abitati. E la “verità” è uno dei motivi che, variamente declinati, ha nutrito, vivificato ed alimentato la filosofia. Il tentativo di recensire tali declinazioni, anche limitatamente all’ambito del ‘900 prima citato, sarebbe parziale. Tale rischio di parzialità non esclude, in ogni caso, che un percorso sia comunque scelto. Nella parola veritas sta la radice var, presente nei verbi che indicano il difendere, il guardare, il conoscere ma anche il credere, la fede e, per estensione, la fiducia e la fedeltà. Nel termine latino veritas, più che l’idea del dis-velamento e della manifestazione contenuta nel greco aletheia, c’è l’idea del credito, della fiducia. Questa precisazione motiva (insieme ad altro) il carattere relazionale della verità, carattere che ha reso possibile, tra le diverse “teorie” della verità, una teoria “dialogica” della stessa; “dialogica” perché «il nostro non è tanto o non solo un dialogo con altri sulla verità, ma anche un dialogo con la verità». Una prospettiva diversa, dove la verità è piuttosto pensata «nella tensione tra manifestazione e nascondimento» (e dunque sulla scia dell’aletheia greca) è proposta da Mario Ruggenini. Queste due differenti proposte ermeneutiche declinano le due possibili accezioni del termine “verità” (veritas e aletheia) parlando l’una di “dialogo” e l’altra di “colloquio”; ma entrambe rimarcando, in modi differenti, il carattere vocante, interpellante della verità. Ciò detto, in che senso si può parlare oggi di “verità della carne”? Per narrarne ripercorreremo, con Michel Henry, la trama interna della carne; una carne pura, la cui verità è quella della Vita. Ovvero, sarà tentata una “critica della carne pura”, di una carne che Henry ha seguito nei suoi gangli vitali. A partire da quale verità e verso quale verità, tuttavia?

La verità della carne (ovvero: per una critica della carne pura)

CANULLO, Carla
2007-01-01

Abstract

Verità e carne sono due temi che hanno attraversato la filosofia del novecento. L’attraversamento non è mai indifferente ed anche il solo calpestio modifica il suolo attraversato. Allo stesso modo “verità e carne” sono passate nella filosofia del novecento, giunte fino ad oggi dopo percorsi da cui sono state (esse stesse) trasformate. Sono “passate”, dunque, come d’altronde è sempre accaduto nella storia del pensiero. E come ogni passaggio, anche il loro è stato accompagnato da un souci, da una cura. La ben nota Sorge heideggeriana non distolga dal significato “vitale” e “vivente” del termine: si passa per cercare incessantemente luoghi da “abitare”, ricerca che è mossa dal bisogno di vivere, nutrirsi, crescere. La filosofia stessa “passa”, mossa dal bisogno di vivere, nutrirsi, rispondere; bisogno proprio di chi “fa filosofia” nei diversi luoghi abitati. E la “verità” è uno dei motivi che, variamente declinati, ha nutrito, vivificato ed alimentato la filosofia. Il tentativo di recensire tali declinazioni, anche limitatamente all’ambito del ‘900 prima citato, sarebbe parziale. Tale rischio di parzialità non esclude, in ogni caso, che un percorso sia comunque scelto. Nella parola veritas sta la radice var, presente nei verbi che indicano il difendere, il guardare, il conoscere ma anche il credere, la fede e, per estensione, la fiducia e la fedeltà. Nel termine latino veritas, più che l’idea del dis-velamento e della manifestazione contenuta nel greco aletheia, c’è l’idea del credito, della fiducia. Questa precisazione motiva (insieme ad altro) il carattere relazionale della verità, carattere che ha reso possibile, tra le diverse “teorie” della verità, una teoria “dialogica” della stessa; “dialogica” perché «il nostro non è tanto o non solo un dialogo con altri sulla verità, ma anche un dialogo con la verità». Una prospettiva diversa, dove la verità è piuttosto pensata «nella tensione tra manifestazione e nascondimento» (e dunque sulla scia dell’aletheia greca) è proposta da Mario Ruggenini. Queste due differenti proposte ermeneutiche declinano le due possibili accezioni del termine “verità” (veritas e aletheia) parlando l’una di “dialogo” e l’altra di “colloquio”; ma entrambe rimarcando, in modi differenti, il carattere vocante, interpellante della verità. Ciò detto, in che senso si può parlare oggi di “verità della carne”? Per narrarne ripercorreremo, con Michel Henry, la trama interna della carne; una carne pura, la cui verità è quella della Vita. Ovvero, sarà tentata una “critica della carne pura”, di una carne che Henry ha seguito nei suoi gangli vitali. A partire da quale verità e verso quale verità, tuttavia?
2007
9788860560230
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