Il traffico della forza lavoro cinese dalle coste del Celeste Impero alle colonie europee del continente americano e agli Stati Uniti, si aggiunge a pieno titolo alla triste epopea dello schiavismo lasciandoci tutt’oggi una brutta pagina della storia dell’umanità. Questo articolo si ripropone di descrivere le caratteristiche di questo fenomeno, che molte volte è stato di vera e propria deportazione, sin dalle sue prime manifestazioni all’indomani della Prima Guerra dell’Oppio. Verranno prese in considerazione tutte le fasi di reclutamento della manodopera cinese, il ruolo delle Coolies Agencies, dei broker e del mercato interno, per poi osservare le condizioni di vita all’interno dei barracoons fino al momento dell’imbarco. La traversata oceanica costituiva sicuramente il primo vero calvario per questi lavoratori mandati a migliaia di chilometri da casa con contratti capestro quando non direttamente con l’inganno. Il tasso di mortalità durante il viaggio poteva raggiungere tassi del 35%, il che imponeva al reclutatore di stipare in un clipper il maggior numero possibile di cinesi, in modo da poter garantire la vendita di un “lotto” completo nei mercati coloniali. La ricerca si soffermerà quindi ad esaminare le drammatiche condizioni di vita dei coolies cinesi nella colonia spagnola di Cuba fra il 1850 e il 1874, anno in cui finalmente la corte Qing ottenne, in accordo con l’Inghilterra, di poter creare una commissione di indagine che appurasse quanto di vero ci fosse nelle infinite denunce di soprusi e vessazioni fino a quel momento inutilmente presentate dai sudditi cinesi presenti a Cuba. Il risultato delle indagini svolte dalla Cuba Commission fu uno shock. Emerse chiaramente come i piantatori cubani potessero tranquillamente disporre del diritto di vita e di morte sui loro lavoratori cinesi e di come li costringessero a lavorare per anni e anni -anche senza contratto- in condizioni meno dignitose di quelle riservate agli animali. Dalle interviste raccolte dalla Cuba Commission affiora il racconto di un dramma senza eguali, talmente sconvolgente da indurre il sino ad allora reticente governo mancese ad intervenire diplomaticamente per modificare le clausole dei trattati che la legavano alla Spagna. Dopo diversi anni di controversie diplomatiche, per la prima volta, la Cina vinse una battaglia per la difesa dei propri concittadini. Grazie anche al costante intervento di Inghilterra e Stati Uniti, la Spagna venne alla fine costretta a rivedere i trattati soprattutto nelle parti riguardanti l’impiego di forza lavoro cinese nelle proprie colonie e a rimpatriare a proprie spese tutti i coolies cubani che avessero espresso la volontà di tornare a casa. Il contro esodo dei lavoratori cinesi fu l’ultima testimonianza delle brutali condizioni in cui erano stati abbandonati per più di due decenni.

Il dramma dei coolies in Occidente: il caso cubano

TRENTIN, GIORGIO
2005-01-01

Abstract

Il traffico della forza lavoro cinese dalle coste del Celeste Impero alle colonie europee del continente americano e agli Stati Uniti, si aggiunge a pieno titolo alla triste epopea dello schiavismo lasciandoci tutt’oggi una brutta pagina della storia dell’umanità. Questo articolo si ripropone di descrivere le caratteristiche di questo fenomeno, che molte volte è stato di vera e propria deportazione, sin dalle sue prime manifestazioni all’indomani della Prima Guerra dell’Oppio. Verranno prese in considerazione tutte le fasi di reclutamento della manodopera cinese, il ruolo delle Coolies Agencies, dei broker e del mercato interno, per poi osservare le condizioni di vita all’interno dei barracoons fino al momento dell’imbarco. La traversata oceanica costituiva sicuramente il primo vero calvario per questi lavoratori mandati a migliaia di chilometri da casa con contratti capestro quando non direttamente con l’inganno. Il tasso di mortalità durante il viaggio poteva raggiungere tassi del 35%, il che imponeva al reclutatore di stipare in un clipper il maggior numero possibile di cinesi, in modo da poter garantire la vendita di un “lotto” completo nei mercati coloniali. La ricerca si soffermerà quindi ad esaminare le drammatiche condizioni di vita dei coolies cinesi nella colonia spagnola di Cuba fra il 1850 e il 1874, anno in cui finalmente la corte Qing ottenne, in accordo con l’Inghilterra, di poter creare una commissione di indagine che appurasse quanto di vero ci fosse nelle infinite denunce di soprusi e vessazioni fino a quel momento inutilmente presentate dai sudditi cinesi presenti a Cuba. Il risultato delle indagini svolte dalla Cuba Commission fu uno shock. Emerse chiaramente come i piantatori cubani potessero tranquillamente disporre del diritto di vita e di morte sui loro lavoratori cinesi e di come li costringessero a lavorare per anni e anni -anche senza contratto- in condizioni meno dignitose di quelle riservate agli animali. Dalle interviste raccolte dalla Cuba Commission affiora il racconto di un dramma senza eguali, talmente sconvolgente da indurre il sino ad allora reticente governo mancese ad intervenire diplomaticamente per modificare le clausole dei trattati che la legavano alla Spagna. Dopo diversi anni di controversie diplomatiche, per la prima volta, la Cina vinse una battaglia per la difesa dei propri concittadini. Grazie anche al costante intervento di Inghilterra e Stati Uniti, la Spagna venne alla fine costretta a rivedere i trattati soprattutto nelle parti riguardanti l’impiego di forza lavoro cinese nelle proprie colonie e a rimpatriare a proprie spese tutti i coolies cubani che avessero espresso la volontà di tornare a casa. Il contro esodo dei lavoratori cinesi fu l’ultima testimonianza delle brutali condizioni in cui erano stati abbandonati per più di due decenni.
2005
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