L’Italia uscita dalla seconda guerra mondiale è un paese profondamente diverso da quello che aveva sfidato solo pochi anni prima, con baldanza, il mondo intero. Con l’invasione del territorio nazionale da parte di eserciti stranieri in lotta tra loro, lo sfaldamento delle istituzioni dopo l’8 settembre del ’43 che ha lasciato gli italiani senza più alcun riferimento statuale, la successiva divisione in due stati contrapposti, la penisola viene sconvolta dalla miseria dilagante, dalla precipitosa fuga della popolazione dagli scontri e dai bombardamenti sui centri abitati, dalla crisi delle tradizionali stratificazioni sociali. A partire dal 1943, dunque, la guerra differenzia ulteriormente la già frammentata realtà della penisola, ma nello stesso tempo favorisce la nascita e la diffusione di esperienze comuni: il tempo è segnato per tutti dalla ripetizione di comportamenti innaturali dovuti all’emergenza bellica (l’oscuramento, la vita nei rifugi antiaerei, lo sfollamento), lo spazio si dilata enormemente per la difficoltà dei trasporti e dei collegamenti, l’urgenza della fame comporta la necessità di tornare a inventarsi cibi cucinati con ciò che in condizioni normali viene considerato prodotto di scarto. Gli eventi drammatici di quegli anni fanno inoltre emergere forme di solidarietà popolare che danno vita a comportamenti - l’assistenza ai prigionieri alleati fuggiti dai campi di internamento, l’ampliamento delle attività caritative della Chiesa, l’aiuto offerto agli ebrei perseguitati ed ai partigiani, l’ospitalità a chi è restato senza casa o agli sfollati – di certo molto lontani dai valori con cui il regime fascista ha tentato di plasmare per due decenni l’«italiano nuovo», legato da una totale ubbidienza e da un’assoluta fedeltà all’élite dominante. Di fronte a tali mutamenti, di fronte ai danni non solo materiali ma anche, e forse soprattutto, immateriali, morali, che il paese subisce, si rompe irreversibilmente il legame con l'ideologia che ha dominato l'ultimo ventennio, ritenuta da molti la principale responsabile della tragedia nazionale. Questa frattura tra l’Italia di prima della guerra e quella del dopoguerra è evidente nella rappresentazione fotografica dei due momenti. La politica nel dopoguerra torna infatti ad agganciarsi, ad eccezione di piccoli gruppi nostalgici del passato fascista, ad un’etica fatta di valori universalistici e non più esclusivistici, razziali, discriminatori.

Tra continuità e rottura. La scoperta dell’Italia reale

VENTRONE, Angelo
2005-01-01

Abstract

L’Italia uscita dalla seconda guerra mondiale è un paese profondamente diverso da quello che aveva sfidato solo pochi anni prima, con baldanza, il mondo intero. Con l’invasione del territorio nazionale da parte di eserciti stranieri in lotta tra loro, lo sfaldamento delle istituzioni dopo l’8 settembre del ’43 che ha lasciato gli italiani senza più alcun riferimento statuale, la successiva divisione in due stati contrapposti, la penisola viene sconvolta dalla miseria dilagante, dalla precipitosa fuga della popolazione dagli scontri e dai bombardamenti sui centri abitati, dalla crisi delle tradizionali stratificazioni sociali. A partire dal 1943, dunque, la guerra differenzia ulteriormente la già frammentata realtà della penisola, ma nello stesso tempo favorisce la nascita e la diffusione di esperienze comuni: il tempo è segnato per tutti dalla ripetizione di comportamenti innaturali dovuti all’emergenza bellica (l’oscuramento, la vita nei rifugi antiaerei, lo sfollamento), lo spazio si dilata enormemente per la difficoltà dei trasporti e dei collegamenti, l’urgenza della fame comporta la necessità di tornare a inventarsi cibi cucinati con ciò che in condizioni normali viene considerato prodotto di scarto. Gli eventi drammatici di quegli anni fanno inoltre emergere forme di solidarietà popolare che danno vita a comportamenti - l’assistenza ai prigionieri alleati fuggiti dai campi di internamento, l’ampliamento delle attività caritative della Chiesa, l’aiuto offerto agli ebrei perseguitati ed ai partigiani, l’ospitalità a chi è restato senza casa o agli sfollati – di certo molto lontani dai valori con cui il regime fascista ha tentato di plasmare per due decenni l’«italiano nuovo», legato da una totale ubbidienza e da un’assoluta fedeltà all’élite dominante. Di fronte a tali mutamenti, di fronte ai danni non solo materiali ma anche, e forse soprattutto, immateriali, morali, che il paese subisce, si rompe irreversibilmente il legame con l'ideologia che ha dominato l'ultimo ventennio, ritenuta da molti la principale responsabile della tragedia nazionale. Questa frattura tra l’Italia di prima della guerra e quella del dopoguerra è evidente nella rappresentazione fotografica dei due momenti. La politica nel dopoguerra torna infatti ad agganciarsi, ad eccezione di piccoli gruppi nostalgici del passato fascista, ad un’etica fatta di valori universalistici e non più esclusivistici, razziali, discriminatori.
2005
9788806164560
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