Un campo in cui la definizione di Eric J. Hobsbawm del ‘900 come «secolo breve» o come «età degli estremi» sembra mostrare tutta la sua efficacia interpretativa è la propaganda politica in Italia. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 del XX sec. si è infatti chiusa una fase che, per molti aspetti, si era aperta proprio con lo scoppio della prima guerra mondiale. Una fase in cui sono state centrali le categorie di nemico esterno - sempre pronto a colpire, ad opprimere e a privare della libertà gli italiani - e di nemico interno – alle dipendenze del primo e per questo sempre attivo nel tramare ogni nefandezza alle spalle dei suoi connazionali. La lotta tra queste due figure è stata collegata in particolare a due grandi miti politici antagonisti tra di loro: il Capitalismo individualista, che col passar del tempo ha finito con l’identificarsi con gli Stati Uniti e con l’american way of life, e il Socialismo, che a partire dalla Rivoluzione del ’17 si è sostanzialmente identificato con l’Unione sovietica. L’utilizzo della figura del nemico come strumento di lotta politica fu compiutamente sistematizzato nel corso della Prima guerra mondiale. Fu infatti nelle polemiche scatenate dal movimento interventista contro i neutralisti e i «disfattisti» che vennero definiti alcuni dei caratteri basilari che sarebbero stati ripresi prima dalla propaganda del regime fascista e poi, nel secondo dopoguerra, dalla polemica tra comunismo e anticomunismo. Ciò vale anche per un altro mito politico, quello della nuova cristianità, che ebbe una notevole importanza almeno fino alla metà degli anni ’50. L’analisi del materiale propagandistico indica in effetti quanto in Italia lo scontro politico, soprattutto nella prima metà del ‘900, sia stato caratterizzato dalla presenza di forti tensioni utopiche volte ad assolutizzare le proprie posizioni e, nello stesso tempo, a demonizzare l’avversario politico e ogni forma di dissenso. Una tendenza che fu istituzionalizzata da parte del regime fascista ma che si sarebbe riproposta pure nel secondo dopoguerra, anche se questa volta – ed è naturalmente una differenza fondamentale - all’interno di un sistema democratico e pluralista.

Die Feindgestalt und die Sprache des Krieges in der politischen Propaganda in Italien (1914-1948)

VENTRONE, Angelo
2006-01-01

Abstract

Un campo in cui la definizione di Eric J. Hobsbawm del ‘900 come «secolo breve» o come «età degli estremi» sembra mostrare tutta la sua efficacia interpretativa è la propaganda politica in Italia. Tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 del XX sec. si è infatti chiusa una fase che, per molti aspetti, si era aperta proprio con lo scoppio della prima guerra mondiale. Una fase in cui sono state centrali le categorie di nemico esterno - sempre pronto a colpire, ad opprimere e a privare della libertà gli italiani - e di nemico interno – alle dipendenze del primo e per questo sempre attivo nel tramare ogni nefandezza alle spalle dei suoi connazionali. La lotta tra queste due figure è stata collegata in particolare a due grandi miti politici antagonisti tra di loro: il Capitalismo individualista, che col passar del tempo ha finito con l’identificarsi con gli Stati Uniti e con l’american way of life, e il Socialismo, che a partire dalla Rivoluzione del ’17 si è sostanzialmente identificato con l’Unione sovietica. L’utilizzo della figura del nemico come strumento di lotta politica fu compiutamente sistematizzato nel corso della Prima guerra mondiale. Fu infatti nelle polemiche scatenate dal movimento interventista contro i neutralisti e i «disfattisti» che vennero definiti alcuni dei caratteri basilari che sarebbero stati ripresi prima dalla propaganda del regime fascista e poi, nel secondo dopoguerra, dalla polemica tra comunismo e anticomunismo. Ciò vale anche per un altro mito politico, quello della nuova cristianità, che ebbe una notevole importanza almeno fino alla metà degli anni ’50. L’analisi del materiale propagandistico indica in effetti quanto in Italia lo scontro politico, soprattutto nella prima metà del ‘900, sia stato caratterizzato dalla presenza di forti tensioni utopiche volte ad assolutizzare le proprie posizioni e, nello stesso tempo, a demonizzare l’avversario politico e ogni forma di dissenso. Una tendenza che fu istituzionalizzata da parte del regime fascista ma che si sarebbe riproposta pure nel secondo dopoguerra, anche se questa volta – ed è naturalmente una differenza fondamentale - all’interno di un sistema democratico e pluralista.
2006
9783825801106
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