La riscoperta del carattere “comunitario” della società secondo la chiave di lettura della prevenzione (di comunità) rivela una persistente antitesi tra social support e controllo sociale. L’accoglimento di questa tesi presuppone un atteggiamento consapevolmente critico nei confronti del preteso “fallimento” del welfare state, identificato come la principale conseguenza dell’assegnazione alle politiche di welfare dell’obiettivo della riduzione della criminalità. In tal modo si dimostra la vaghezza della (presunta) corrispondenza tra prevenzione situazionale – esaminata anche alla luce della logica situazionale riferita all’analisi della situazione in cui l’agente intraprende l’azione – e valori conservatori, quali l’incisivo ridimensionamento della sfera pubblica e la promozione dell’etica della responsabilità individuale, e risultano radicalmente differenziati gli approcci orientati alla riduzione della criminalità e quelli indirizzati al miglioramento del welfare sociale, benché, come dimostra il modello nordico del welfare state, quest’ultimo risulti compatibile con la prevenzione situazionale della criminalità. In questo scenario le azioni di sviluppo della comunità sono finalizzate al miglioramento complessivo delle condizioni sociali, abitative e dei servizi dando in tal modo attuazione agli obiettivi di rivitalizzare il territorio, favorire l’attività sociale ed evitare il degrado di situazioni critiche. Ci si propone inoltre di indagare i legami sociali su base locale che valgono come risorse del controllo sociale informale, o controllo sociale di comunità e di affrontare la possibile ed auspicata integrazione tra il paradigma del social support e l’analisi della devianza e del controllo sociale. In questo quadro appare opportuno connettere, ed esaminare congiuntamente, i concetti (e gli strumenti) delle «reti sociali» e del «social support» con la nozione, oggi estremamente diffusa nelle scienze sociali, di «capitale sociale». Al riguardo la tesi predominante, elaborata da Robert Putnam, prospetta una relazione inversa tra capitale sociale e criminalità: l’incremento dei livelli di capitale sociale produrrebbe una sensibile riduzione dei livelli di criminalità nella misura in cui tale fenomeno appare come la principale conseguenza del degrado sociale, per cui una sua elevata incidenza può fungere da indicatore della destabilizzazione della struttura sociale di una comunità. Alle posizioni che, almeno nel breve periodo, evidenziano con diverse sfumature una relazione inversamente proporzionale tra capitale sociale e criminalità si affiancano tuttavia tesi che qui saranno discusse che sostengono l’esistenza di una più elevata esposizione al rischio di vittimizzazione nelle aree in cui si registra una più significativa incidenza del capitale sociale.

Reti sociali per le politiche pubbliche tra processi di vittimizzazione e dimensioni della sicurezza comunitaria

RAITERI, Monica
2009-01-01

Abstract

La riscoperta del carattere “comunitario” della società secondo la chiave di lettura della prevenzione (di comunità) rivela una persistente antitesi tra social support e controllo sociale. L’accoglimento di questa tesi presuppone un atteggiamento consapevolmente critico nei confronti del preteso “fallimento” del welfare state, identificato come la principale conseguenza dell’assegnazione alle politiche di welfare dell’obiettivo della riduzione della criminalità. In tal modo si dimostra la vaghezza della (presunta) corrispondenza tra prevenzione situazionale – esaminata anche alla luce della logica situazionale riferita all’analisi della situazione in cui l’agente intraprende l’azione – e valori conservatori, quali l’incisivo ridimensionamento della sfera pubblica e la promozione dell’etica della responsabilità individuale, e risultano radicalmente differenziati gli approcci orientati alla riduzione della criminalità e quelli indirizzati al miglioramento del welfare sociale, benché, come dimostra il modello nordico del welfare state, quest’ultimo risulti compatibile con la prevenzione situazionale della criminalità. In questo scenario le azioni di sviluppo della comunità sono finalizzate al miglioramento complessivo delle condizioni sociali, abitative e dei servizi dando in tal modo attuazione agli obiettivi di rivitalizzare il territorio, favorire l’attività sociale ed evitare il degrado di situazioni critiche. Ci si propone inoltre di indagare i legami sociali su base locale che valgono come risorse del controllo sociale informale, o controllo sociale di comunità e di affrontare la possibile ed auspicata integrazione tra il paradigma del social support e l’analisi della devianza e del controllo sociale. In questo quadro appare opportuno connettere, ed esaminare congiuntamente, i concetti (e gli strumenti) delle «reti sociali» e del «social support» con la nozione, oggi estremamente diffusa nelle scienze sociali, di «capitale sociale». Al riguardo la tesi predominante, elaborata da Robert Putnam, prospetta una relazione inversa tra capitale sociale e criminalità: l’incremento dei livelli di capitale sociale produrrebbe una sensibile riduzione dei livelli di criminalità nella misura in cui tale fenomeno appare come la principale conseguenza del degrado sociale, per cui una sua elevata incidenza può fungere da indicatore della destabilizzazione della struttura sociale di una comunità. Alle posizioni che, almeno nel breve periodo, evidenziano con diverse sfumature una relazione inversamente proporzionale tra capitale sociale e criminalità si affiancano tuttavia tesi che qui saranno discusse che sostengono l’esistenza di una più elevata esposizione al rischio di vittimizzazione nelle aree in cui si registra una più significativa incidenza del capitale sociale.
2009
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