I profili procedurali relativi all’esecuzione penale esterna nei confronti dei condannati minorenni sono affidati all’art. 8 d.lgs. n. 121 del 2018. La disciplina riguardante l’adozione, la sostituzione e la revoca delle misure penali di comunità rappresenta un corpo unico teso a superare la frammentarietà che connota il sistema per adulti. Elemento qualificante è l'eliminazione di ogni automatismo che comporti modifiche nel regime esecutivo della pena sottratte alla valutazione discrezionale dell'organo giurisdizionale. La competenza per l'adozione, la sostituzione e la revoca delle misure penali di comunità è affidata al tribunale di sorveglianza per i minorenni, mentre l'applicazione in via provvisoria è demandata al magistrato di sorveglianza. Il procedimento per la concessione della misura può essere avviato da una richiesta dell’interessato, se maggiorenne, o del difensore e dell’esercente la responsabilità genitoriale se il condannato è minorenne, nonché da una proposta del pubblico ministero o dell’ufficio di servizio sociale per minorenni. Espressamene la norma esclude che la misura possa essere disposta d’ufficio, una scelta di cui è difficile cogliere la ratio e da ritenere costituzionalmente illegittima, in quanto crea una ingiustificata disparità di trattamento tra adulti e minorenni. Anche per ciò che riguarda la sostituzione e la revoca delle misure penali di comunità, il comma 3 dell’art. 8 d.lgs. n. 121 del 2018 detta una disciplina unitaria e le consente nei casi espressamente previsti e qualora il comportamento del condannato risulti incompatibile con la prosecuzione delle misure. E pure in questo caso sono esclusi automatismi. La disciplina riguardante l’esecuzione penale esterna per minorenni si estende anche a coloro che, avendo commesso il reato da minorenni, non hanno raggiunto il venticinquesimo anno di età durante l’esecuzione. Peculiare anche la disciplina riguardante l’adozione delle misure penali di comunità dalla libertà. L’art. 11 del d.lgs. n. 121 del 2018 riscrive l’art. 656 c.p.p. prevedendo che il pubblico ministero, quando la pena, anche residua, non supera i quattro anni di reclusione, (sei anni in caso di affidamento in prova per tossicodipendenti), emette l'ordine di esecuzione e contestualmente ne dispone la sospensione, salvo che il condannato si trovi per il fatto oggetto della condanna in stato di custodia cautelare ovvero sia detenuto in carcere o in istituto penitenziario minorile per altro titolo definitivo. L’ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato, al difensore e, in caso di persona minore degli anni diciotto, agli esercenti la responsabilità genitoriale, con l'avviso che nel termine di trenta giorni può essere presentata richiesta, corredata di dichiarazione o elezione di domicilio, al tribunale di sorveglianza per l’applicazione di una misura di comunità, mediante deposito presso l’ufficio del pubblico ministero, al quale compete la trasmissione al tribunale di sorveglianza. Il decreto di sospensione contiene l’invito al condannato a prendere contatto con l’ufficio di servizio sociale per i minorenni al fine di consentire la predisposizione di quel progetto di intervento educativo che rappresenta il contenuto imprescindibile di ogni misura penale di comunità. Il tribunale di sorveglianza, competente per la concessione della misura, fissa l’udienza a norma dell’art. 666 comma 3 c.p.p. entro quarantacinque giorni dalla ricezione dell’istanza e ne fa dare avviso agli interessati, i quali con l’avviso sono altresì invitati a depositare, almeno cinque giorni prima della data fissata per l’udienza, memorie e documenti utili per l’applicazione della misura. I servizi minorili, in particolare, debbono presentare (anche in udienza), la relazione personologica e sociale svolta sul minorenne, nonché il progetto di intervento redatto sulla base delle specifiche esigenze del condannato. Al tribunale resta in ogni modo la facoltà di procedere anche d’ufficio all’acquisizione di documenti o di informazioni, o all’assunzione di prove ex art. 666 comma 5 c.p.p.

Vicende esecutive delle misure penali di comunità

Lina Caraceni
2019-01-01

Abstract

I profili procedurali relativi all’esecuzione penale esterna nei confronti dei condannati minorenni sono affidati all’art. 8 d.lgs. n. 121 del 2018. La disciplina riguardante l’adozione, la sostituzione e la revoca delle misure penali di comunità rappresenta un corpo unico teso a superare la frammentarietà che connota il sistema per adulti. Elemento qualificante è l'eliminazione di ogni automatismo che comporti modifiche nel regime esecutivo della pena sottratte alla valutazione discrezionale dell'organo giurisdizionale. La competenza per l'adozione, la sostituzione e la revoca delle misure penali di comunità è affidata al tribunale di sorveglianza per i minorenni, mentre l'applicazione in via provvisoria è demandata al magistrato di sorveglianza. Il procedimento per la concessione della misura può essere avviato da una richiesta dell’interessato, se maggiorenne, o del difensore e dell’esercente la responsabilità genitoriale se il condannato è minorenne, nonché da una proposta del pubblico ministero o dell’ufficio di servizio sociale per minorenni. Espressamene la norma esclude che la misura possa essere disposta d’ufficio, una scelta di cui è difficile cogliere la ratio e da ritenere costituzionalmente illegittima, in quanto crea una ingiustificata disparità di trattamento tra adulti e minorenni. Anche per ciò che riguarda la sostituzione e la revoca delle misure penali di comunità, il comma 3 dell’art. 8 d.lgs. n. 121 del 2018 detta una disciplina unitaria e le consente nei casi espressamente previsti e qualora il comportamento del condannato risulti incompatibile con la prosecuzione delle misure. E pure in questo caso sono esclusi automatismi. La disciplina riguardante l’esecuzione penale esterna per minorenni si estende anche a coloro che, avendo commesso il reato da minorenni, non hanno raggiunto il venticinquesimo anno di età durante l’esecuzione. Peculiare anche la disciplina riguardante l’adozione delle misure penali di comunità dalla libertà. L’art. 11 del d.lgs. n. 121 del 2018 riscrive l’art. 656 c.p.p. prevedendo che il pubblico ministero, quando la pena, anche residua, non supera i quattro anni di reclusione, (sei anni in caso di affidamento in prova per tossicodipendenti), emette l'ordine di esecuzione e contestualmente ne dispone la sospensione, salvo che il condannato si trovi per il fatto oggetto della condanna in stato di custodia cautelare ovvero sia detenuto in carcere o in istituto penitenziario minorile per altro titolo definitivo. L’ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono notificati al condannato, al difensore e, in caso di persona minore degli anni diciotto, agli esercenti la responsabilità genitoriale, con l'avviso che nel termine di trenta giorni può essere presentata richiesta, corredata di dichiarazione o elezione di domicilio, al tribunale di sorveglianza per l’applicazione di una misura di comunità, mediante deposito presso l’ufficio del pubblico ministero, al quale compete la trasmissione al tribunale di sorveglianza. Il decreto di sospensione contiene l’invito al condannato a prendere contatto con l’ufficio di servizio sociale per i minorenni al fine di consentire la predisposizione di quel progetto di intervento educativo che rappresenta il contenuto imprescindibile di ogni misura penale di comunità. Il tribunale di sorveglianza, competente per la concessione della misura, fissa l’udienza a norma dell’art. 666 comma 3 c.p.p. entro quarantacinque giorni dalla ricezione dell’istanza e ne fa dare avviso agli interessati, i quali con l’avviso sono altresì invitati a depositare, almeno cinque giorni prima della data fissata per l’udienza, memorie e documenti utili per l’applicazione della misura. I servizi minorili, in particolare, debbono presentare (anche in udienza), la relazione personologica e sociale svolta sul minorenne, nonché il progetto di intervento redatto sulla base delle specifiche esigenze del condannato. Al tribunale resta in ogni modo la facoltà di procedere anche d’ufficio all’acquisizione di documenti o di informazioni, o all’assunzione di prove ex art. 666 comma 5 c.p.p.
2019
9788892130685
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