Il saggio intende indagare a quanti e quali livelli si pone il rapporto tra Leopardi e Teofrasto, percorrendo essenzialmente tre direttrici. La prima è costituita dalla presenza del filosofo antico nella produzione leopardiana: le riflessioni annotate nello "Zibaldone" (tra l’8 e il 25 novembre 1820), da un lato, sul Teofrasto pensatore e uomo, dall’altro sulla sua opera, i "Caratteri morali", con le quali si articolano i confronti con il pensiero del tempo e dell’uomo moderni e che dimostrano una conoscenza leopardiana di questo autore fondata su fonti indirette; la "Comparazione delle sentenze di Bruto minore e di Teofrasto vicini a morte" (1822), dove si delinea una rappresentazione filosofico-speculativa di Teofrasto, che riflette sul senso della vita, dalla constatazione del nulla alla sua dissimulazione. In secondo luogo sono trattate le modalità di sviluppo della conoscenza diretta di Teofrasto da parte di Leopardi (tra il 1822 e il 1827), attraverso la lettura delle sue opere e la traduzione dei "Caratteri morali", nel più ampio progetto di studio e pubblicazione dei moralisti greci: da qui la rappresentazione filosofico-pratica di Teofrasto, che osserva e analizza la vita umana e sociale. Come terza direzione il saggio svolge un’analisi integrale del volgarizzamento incompiuto di Leopardi dei "Caratteri morali". Tramite le attestazioni rintracciabili nell’epistolario leopardiano, viene ricostruita la genesi redazionale della traduzione, dal cui tortuoso percorso emerge la ferma e seria volontà filologica da parte di Leopardi di acquisire un’edizione del testo greco affidabile per fungere da antigrafo alla traduzione, pena la rinuncia alla traduzione stessa; inoltre dalle informazioni cronobiografiche derivanti dalle relazioni con i corrispondenti si propone una ricostruzione maggiormente circostanziata del periodo di composizione della traduzione; infine, dall’incrocio dei dati offerti dagli "Elenchi di letture" leopardiani e dalle lettere si stabiliscono le edizioni dei "Caratteri morali" a disposizione di Leopardi per procedere al volgarizzamento. Si offre, quindi, un’analisi comparativa tra il testo greco e quello leopardiano, dimostrando, così, su quali elementi formali e sostanziali è stata costruita la traduzione. In conclusione, sulla base delle osservazioni elaborate, si evidenziano le linee di collegamento e di rielaborazione tra il filosofo greco e Leopardi, dalle quali è possibile trarre una visione complessiva e sistematica delle valenze che Teofrasto e la traduzione dei "Caratteri morali" assumono per il Leopardi pensatore, traduttore, filologo e linguista, in consonanza con quanto realizzato anche come interprete delle "Rime" petrarchesche e come autore dei "Pensieri".

Il simulare, la vanità della vita, gli inganni. Leopardi e Teofrasto

MARTELLINI M
2016-01-01

Abstract

Il saggio intende indagare a quanti e quali livelli si pone il rapporto tra Leopardi e Teofrasto, percorrendo essenzialmente tre direttrici. La prima è costituita dalla presenza del filosofo antico nella produzione leopardiana: le riflessioni annotate nello "Zibaldone" (tra l’8 e il 25 novembre 1820), da un lato, sul Teofrasto pensatore e uomo, dall’altro sulla sua opera, i "Caratteri morali", con le quali si articolano i confronti con il pensiero del tempo e dell’uomo moderni e che dimostrano una conoscenza leopardiana di questo autore fondata su fonti indirette; la "Comparazione delle sentenze di Bruto minore e di Teofrasto vicini a morte" (1822), dove si delinea una rappresentazione filosofico-speculativa di Teofrasto, che riflette sul senso della vita, dalla constatazione del nulla alla sua dissimulazione. In secondo luogo sono trattate le modalità di sviluppo della conoscenza diretta di Teofrasto da parte di Leopardi (tra il 1822 e il 1827), attraverso la lettura delle sue opere e la traduzione dei "Caratteri morali", nel più ampio progetto di studio e pubblicazione dei moralisti greci: da qui la rappresentazione filosofico-pratica di Teofrasto, che osserva e analizza la vita umana e sociale. Come terza direzione il saggio svolge un’analisi integrale del volgarizzamento incompiuto di Leopardi dei "Caratteri morali". Tramite le attestazioni rintracciabili nell’epistolario leopardiano, viene ricostruita la genesi redazionale della traduzione, dal cui tortuoso percorso emerge la ferma e seria volontà filologica da parte di Leopardi di acquisire un’edizione del testo greco affidabile per fungere da antigrafo alla traduzione, pena la rinuncia alla traduzione stessa; inoltre dalle informazioni cronobiografiche derivanti dalle relazioni con i corrispondenti si propone una ricostruzione maggiormente circostanziata del periodo di composizione della traduzione; infine, dall’incrocio dei dati offerti dagli "Elenchi di letture" leopardiani e dalle lettere si stabiliscono le edizioni dei "Caratteri morali" a disposizione di Leopardi per procedere al volgarizzamento. Si offre, quindi, un’analisi comparativa tra il testo greco e quello leopardiano, dimostrando, così, su quali elementi formali e sostanziali è stata costruita la traduzione. In conclusione, sulla base delle osservazioni elaborate, si evidenziano le linee di collegamento e di rielaborazione tra il filosofo greco e Leopardi, dalle quali è possibile trarre una visione complessiva e sistematica delle valenze che Teofrasto e la traduzione dei "Caratteri morali" assumono per il Leopardi pensatore, traduttore, filologo e linguista, in consonanza con quanto realizzato anche come interprete delle "Rime" petrarchesche e come autore dei "Pensieri".
2016
978-88-222-6483-1
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/251329
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