La ricerca si pone l’obiettivo di verificare la persistenza della questione del sistema all’interno del pensiero heideggeriano. L’ipotesi di fondo è che in Heidegger permanga la problematicità propria della questione, ma anche che i termini con cui la affronta vengano ampiamente rinnovati. La tesi si sviluppa quindi come una ricostruzione della decostruzione heideggeriana dell’idea di sistema, effettuata cercando di connettere le poche riflessioni tematiche dedicate dall’autore al tema, ad una più ampia riflessione decostruttiva intrapresa soprattutto nel corso degli anni Trenta e Quaranta, mirante ad una completa rifondazione della filosofia e dell’esperienza. Nella prima parte della ricerca viene svolta una analisi dettagliata delle lezioni, dei seminari e degli appunti heideggeriani dedicati alla comprensione del pensiero di Schelling, nonostante il tema non sia innanzitutto il confronto tra Heidegger e Schelling. Questa scelta si basa due motivazioni fondamentali, la prima riguardante la specificità del pensiero di Schelling, che potrebbe essere interpretato come una lunga riflessione attorno al tema del sistema, la seconda riguardante il testo heideggeriano, poiché qui più che in altre occasioni Heidegger tratta il tema del sistema. L’intento del percorso non è di verificare la correttezza dell’interpretazione heideggeriana ma, rimanendo all’interno del pensiero heideggeriano, di intendere il confronto con Schelling come uno spazio in cui Heidegger riflette tematicamente sui temi del sistema, della libertà, e dell’essere. Nella parte successiva si conduce un approfondimento della «Destruktion» del concetto di sistema, mediante l’individuazione della decostruzione dei suoi elementi costitutivi e fondativi. La ricostruzione parte innanzitutto dal collegamento della problematica del sistema con la questione ontologica (così come vien posta in Essere e tempo), e a seguire vengono considerati i “momenti storici” fondamentali per il concetto di sistema, ovvero il momento in cui il sistema trascendentale fa il suo ingresso nel pensiero filosofico, cioè il pensiero di Immanuel Kant, e il momento in cui il sistema riceve la sua critica più feroce e violenta, ossia nel pensiero di Frederich Nietzsche. Tale ricostruzione individua nella questione della comprensione della totalità dell’ente il nucleo problematico del sistema ancora potenzialmente valido nell’ambito della posizione della domanda ontologica fondamentale. La soluzione a tale problematica – ossia il sistema – si rivela, secondo Heidegger, fondata sostanzialmente su quella facoltà della soggettività trascendentale che Kant denominò «immaginazione trascendentale [transzendentale Einbildungskraft]», la quale perdurò anche nel pensiero di Nietzsche come fondamento della comprensione dell’essere. La terza e ultima parte si propone di ricostruire la terminologia e i criteri heideggeriani relativi alla questione sistematica. Viene in primo luogo introdotto a grandi linee il progetto heideggeriano risalente agli anni Trenta di un pensiero «conforme alla storia dell’Essere [seynsgeschichtlich]», ossia di una filosofia non fondata dalla struttura esistenziale ek-statica dell’esserci, ma sullo s-velamento dell’Essere come storia. In seguito risulta possibile tentare di approfondire il modo in cui Heidegger imposta i termini in base al quale il suo pensiero può essere detto “sistematico” – nonostante non possa più essere definito un sistema. La traccia di quella che viene qui chiamata l’”architettonica heideggeriana” è rintracciabile nell’uso del termine Fuge e degli altri termini appartenenti alla stessa famiglia semantica. Viene quindi svolta una sorta di analisi etimologica del temine al fine di ricostruire i significati che all’interno della parola stessa risuonano, e che quindi devono essere stati presenti ad Heidegger nel momento in cui il pensiero richiedeva l’utilizzo del termine Fuge. L’analisi etimologica porta ad individuare due aree semantiche all’interno delle quali si raccolgono i significati dei termini considerati, le quali attengono a due ceppi originari differenti. Il primo è il ceppo tedesco, per cui Fuge deriva dal verbo fügen, e significa “connessione”, “giuntura”, “commessura”; il secondo è il ceppo latino, per cui Fuge deriva da fugio, fugere, e significa “fuggire” o “evitare”. Il passaggio finale della ricerca riguarda la ricerca del senso che Heidegger in prima persona dà alla Fuge. Innanzitutto attraverso lo studio dell’accostamento tra Fuge e δίκη che si trova in occasione degli studi heideggeriani dedicati al pensiero di Anassimandro, considerato dall’autore il primo dei filosofi greci. Nel corso di questa interpretazione i termini Fug e Unfug vengono utilizzati come traduzione diretta delle parole greche δίκη e ἀδικὶα, le quali, per l’autore, svolgono una funzione simile a quella che svolgeva la dicotomia di Grund ed Existenz delle Philosophische Untersuchungen di Schelling. Il passaggio conclusivo è l’approfondimento ulteriore del pensiero della Fuge grazie ad alcuni testi contenuti negli Schwarzen Hefte. Il passo più significativo dice «la Fuga fugge la Fuga». La sua importanza vien individuata nel fatto che in esso vien pensata una connessione che è destinata all’uomo in quanto nascosta, in quanto essa “fugge” se stessa. Il significato di questo termine, allora, sfruttando entrambe le etimologie germanica e latina, caratterizza una connessione che fugge, una connessione ed un “ordinamento” proprio della totalità degli enti che tuttavia non si può mai dare nella trasparenza della sua manifestazione, in modo corrispondente all’essenza dell’Essere come differenza e non come presenza stabile o “indifferenza”.

Oltre il sistema dell’indifferenza. Eredità di Schelling e semantica della fuga nel pensiero di Heidegger.

VELUTI, Stefano
2017-01-01

Abstract

La ricerca si pone l’obiettivo di verificare la persistenza della questione del sistema all’interno del pensiero heideggeriano. L’ipotesi di fondo è che in Heidegger permanga la problematicità propria della questione, ma anche che i termini con cui la affronta vengano ampiamente rinnovati. La tesi si sviluppa quindi come una ricostruzione della decostruzione heideggeriana dell’idea di sistema, effettuata cercando di connettere le poche riflessioni tematiche dedicate dall’autore al tema, ad una più ampia riflessione decostruttiva intrapresa soprattutto nel corso degli anni Trenta e Quaranta, mirante ad una completa rifondazione della filosofia e dell’esperienza. Nella prima parte della ricerca viene svolta una analisi dettagliata delle lezioni, dei seminari e degli appunti heideggeriani dedicati alla comprensione del pensiero di Schelling, nonostante il tema non sia innanzitutto il confronto tra Heidegger e Schelling. Questa scelta si basa due motivazioni fondamentali, la prima riguardante la specificità del pensiero di Schelling, che potrebbe essere interpretato come una lunga riflessione attorno al tema del sistema, la seconda riguardante il testo heideggeriano, poiché qui più che in altre occasioni Heidegger tratta il tema del sistema. L’intento del percorso non è di verificare la correttezza dell’interpretazione heideggeriana ma, rimanendo all’interno del pensiero heideggeriano, di intendere il confronto con Schelling come uno spazio in cui Heidegger riflette tematicamente sui temi del sistema, della libertà, e dell’essere. Nella parte successiva si conduce un approfondimento della «Destruktion» del concetto di sistema, mediante l’individuazione della decostruzione dei suoi elementi costitutivi e fondativi. La ricostruzione parte innanzitutto dal collegamento della problematica del sistema con la questione ontologica (così come vien posta in Essere e tempo), e a seguire vengono considerati i “momenti storici” fondamentali per il concetto di sistema, ovvero il momento in cui il sistema trascendentale fa il suo ingresso nel pensiero filosofico, cioè il pensiero di Immanuel Kant, e il momento in cui il sistema riceve la sua critica più feroce e violenta, ossia nel pensiero di Frederich Nietzsche. Tale ricostruzione individua nella questione della comprensione della totalità dell’ente il nucleo problematico del sistema ancora potenzialmente valido nell’ambito della posizione della domanda ontologica fondamentale. La soluzione a tale problematica – ossia il sistema – si rivela, secondo Heidegger, fondata sostanzialmente su quella facoltà della soggettività trascendentale che Kant denominò «immaginazione trascendentale [transzendentale Einbildungskraft]», la quale perdurò anche nel pensiero di Nietzsche come fondamento della comprensione dell’essere. La terza e ultima parte si propone di ricostruire la terminologia e i criteri heideggeriani relativi alla questione sistematica. Viene in primo luogo introdotto a grandi linee il progetto heideggeriano risalente agli anni Trenta di un pensiero «conforme alla storia dell’Essere [seynsgeschichtlich]», ossia di una filosofia non fondata dalla struttura esistenziale ek-statica dell’esserci, ma sullo s-velamento dell’Essere come storia. In seguito risulta possibile tentare di approfondire il modo in cui Heidegger imposta i termini in base al quale il suo pensiero può essere detto “sistematico” – nonostante non possa più essere definito un sistema. La traccia di quella che viene qui chiamata l’”architettonica heideggeriana” è rintracciabile nell’uso del termine Fuge e degli altri termini appartenenti alla stessa famiglia semantica. Viene quindi svolta una sorta di analisi etimologica del temine al fine di ricostruire i significati che all’interno della parola stessa risuonano, e che quindi devono essere stati presenti ad Heidegger nel momento in cui il pensiero richiedeva l’utilizzo del termine Fuge. L’analisi etimologica porta ad individuare due aree semantiche all’interno delle quali si raccolgono i significati dei termini considerati, le quali attengono a due ceppi originari differenti. Il primo è il ceppo tedesco, per cui Fuge deriva dal verbo fügen, e significa “connessione”, “giuntura”, “commessura”; il secondo è il ceppo latino, per cui Fuge deriva da fugio, fugere, e significa “fuggire” o “evitare”. Il passaggio finale della ricerca riguarda la ricerca del senso che Heidegger in prima persona dà alla Fuge. Innanzitutto attraverso lo studio dell’accostamento tra Fuge e δίκη che si trova in occasione degli studi heideggeriani dedicati al pensiero di Anassimandro, considerato dall’autore il primo dei filosofi greci. Nel corso di questa interpretazione i termini Fug e Unfug vengono utilizzati come traduzione diretta delle parole greche δίκη e ἀδικὶα, le quali, per l’autore, svolgono una funzione simile a quella che svolgeva la dicotomia di Grund ed Existenz delle Philosophische Untersuchungen di Schelling. Il passaggio conclusivo è l’approfondimento ulteriore del pensiero della Fuge grazie ad alcuni testi contenuti negli Schwarzen Hefte. Il passo più significativo dice «la Fuga fugge la Fuga». La sua importanza vien individuata nel fatto che in esso vien pensata una connessione che è destinata all’uomo in quanto nascosta, in quanto essa “fugge” se stessa. Il significato di questo termine, allora, sfruttando entrambe le etimologie germanica e latina, caratterizza una connessione che fugge, una connessione ed un “ordinamento” proprio della totalità degli enti che tuttavia non si può mai dare nella trasparenza della sua manifestazione, in modo corrispondente all’essenza dell’Essere come differenza e non come presenza stabile o “indifferenza”.
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