Ricondurre la mancanza di progettualità solamente all’iperspecializzazione e alla frammentazione che caratterizza la postmodernità non rende ragione della profonda novità di questa epoca, quella dell’emergere di nuove forme di esperienza di sé. Seguendo le analisi di Giddens, la postmodernità non va interpretata, pertanto, solo come la conseguenza della frammentazione dell’esperienza umana, ma anche come l’articolarsi di questa in dei sistemi astratti, a cui segue una sua successiva ricomposizione riflessiva. Sul versante dell’identità, l’esito di questa disaggregazione/ricomposizione conduce a una consapevolezza dei bisogni del Sé sconosciuta alle società premoderne: il soggetto scopre la propria identità come esito di un continuo indagare il proprio sé, di una continua narrazione riflessiva di sé resa possibile dai sistemi astratti. Tuttavia, la disaggregazione produce inevitabilmente una segmentazione dell’esperienza umana in dei sistemi sociali e istituzionali dotati di autoreferenzialità, che rende l’integrazione più problematica rispetto a quanto avveniva nelle società premoderne, dove la tradizione garantiva la sua riunificazione dell’esperienza del soggetto. È fondamentale che il soggetto avverta di poter integrare quanto gli è dato sperimentare nella realtà, cioè sul versante oggettuale, con il proprio sentire e le proprie motivazioni profonde, cioè con il proprio Sé in quanto polo attivo che si costruisce nell’esperienza. Le prospettive organiciste di Dewey e di Fromm, che verranno prese in esame nel contributo, sono di grande importanza in questo orizzonte di ricerca in quanto interpretano il soggetto non come una monade che si auto-realizza, ma come un processo di costante comunicazione con la realtà nell’ambito del quale l’individuo svolge un ruolo attivo. Questi diventa se stesso non in solitudine, ma integrando la sua esperienza – e quindi non solo quella soggettiva, ma anche quella oggettiva – pur nelle contraddizioni che questa inevitabilmente presenta – in delle nuove unità di senso. È dall’integrazione in nuovi interi qualitativi di tutti gli aspetti soggettivi-oggettivi della nostra vita, incluso quindi il confronto con le motivazioni e il sentire profondi del soggetto, a produrre quell’esperienza di interezza del sé da cui scaturiscono nuove prospettive per il futuro. Il progettarsi è da intendersi come funzione dell’integrità del sé. Non si può pro-gettare, infatti, chi non si possiede interamente. Oggi sembra che la persona sia soggettivamente più attiva che in passato, ma anche oggettivamente più passiva, perché si trova a dover subire le ricadute nella propria vita di macro-sistemi autoreferenziali fuori dal suo controllo. Segue una disconnessione fra soggetto e oggetto, per cui, da un lato, il soggetto è costretto a costruire se stesso in modo solitario e tendenzialmente narcisistico. Il progettarsi diventa una mera proiezione di immagini dell’interiorità, e non un educare i propri desideri sulla base dell’interazione con la realtà. Dall’altro lato, una volta che l’esperienza è stata separata, in virtù dei meccanismi di disaggregazione di cui si è detto, la fase di riaggregazione avviene più artificiosamente, perché rischia di smarrirsi il ruolo di quelle esperienze radicalmente e umanamente soggettive – Giddens e Fromm segnalano a tale proposito la morte, la malattia, la sessualità, la natura, la fragilità, la solidarietà – che sono connesse alle scelte morali profonde della persona e all’integrità del sé. È il dialogo costruttivo fra tutti gli aspetti della nostra vita, quindi, a produrre quell’esperienza di interezza del sé da cui scaturiscono nuove prospettive di senso. Per educare alla progettualità va pertanto riscoperto il ruolo attivo del soggetto, non solo come produttore di desideri e aspettative disconnessi dalla realtà, ma come attore impegnato a trasformare e rendere migliore quel mondo in cui i suoi desideri assumono un senso.

Defuturizzazione e fragilità del sé. Essere attori del proprio progetto di vita

POLENTA, Stefano
2015-01-01

Abstract

Ricondurre la mancanza di progettualità solamente all’iperspecializzazione e alla frammentazione che caratterizza la postmodernità non rende ragione della profonda novità di questa epoca, quella dell’emergere di nuove forme di esperienza di sé. Seguendo le analisi di Giddens, la postmodernità non va interpretata, pertanto, solo come la conseguenza della frammentazione dell’esperienza umana, ma anche come l’articolarsi di questa in dei sistemi astratti, a cui segue una sua successiva ricomposizione riflessiva. Sul versante dell’identità, l’esito di questa disaggregazione/ricomposizione conduce a una consapevolezza dei bisogni del Sé sconosciuta alle società premoderne: il soggetto scopre la propria identità come esito di un continuo indagare il proprio sé, di una continua narrazione riflessiva di sé resa possibile dai sistemi astratti. Tuttavia, la disaggregazione produce inevitabilmente una segmentazione dell’esperienza umana in dei sistemi sociali e istituzionali dotati di autoreferenzialità, che rende l’integrazione più problematica rispetto a quanto avveniva nelle società premoderne, dove la tradizione garantiva la sua riunificazione dell’esperienza del soggetto. È fondamentale che il soggetto avverta di poter integrare quanto gli è dato sperimentare nella realtà, cioè sul versante oggettuale, con il proprio sentire e le proprie motivazioni profonde, cioè con il proprio Sé in quanto polo attivo che si costruisce nell’esperienza. Le prospettive organiciste di Dewey e di Fromm, che verranno prese in esame nel contributo, sono di grande importanza in questo orizzonte di ricerca in quanto interpretano il soggetto non come una monade che si auto-realizza, ma come un processo di costante comunicazione con la realtà nell’ambito del quale l’individuo svolge un ruolo attivo. Questi diventa se stesso non in solitudine, ma integrando la sua esperienza – e quindi non solo quella soggettiva, ma anche quella oggettiva – pur nelle contraddizioni che questa inevitabilmente presenta – in delle nuove unità di senso. È dall’integrazione in nuovi interi qualitativi di tutti gli aspetti soggettivi-oggettivi della nostra vita, incluso quindi il confronto con le motivazioni e il sentire profondi del soggetto, a produrre quell’esperienza di interezza del sé da cui scaturiscono nuove prospettive per il futuro. Il progettarsi è da intendersi come funzione dell’integrità del sé. Non si può pro-gettare, infatti, chi non si possiede interamente. Oggi sembra che la persona sia soggettivamente più attiva che in passato, ma anche oggettivamente più passiva, perché si trova a dover subire le ricadute nella propria vita di macro-sistemi autoreferenziali fuori dal suo controllo. Segue una disconnessione fra soggetto e oggetto, per cui, da un lato, il soggetto è costretto a costruire se stesso in modo solitario e tendenzialmente narcisistico. Il progettarsi diventa una mera proiezione di immagini dell’interiorità, e non un educare i propri desideri sulla base dell’interazione con la realtà. Dall’altro lato, una volta che l’esperienza è stata separata, in virtù dei meccanismi di disaggregazione di cui si è detto, la fase di riaggregazione avviene più artificiosamente, perché rischia di smarrirsi il ruolo di quelle esperienze radicalmente e umanamente soggettive – Giddens e Fromm segnalano a tale proposito la morte, la malattia, la sessualità, la natura, la fragilità, la solidarietà – che sono connesse alle scelte morali profonde della persona e all’integrità del sé. È il dialogo costruttivo fra tutti gli aspetti della nostra vita, quindi, a produrre quell’esperienza di interezza del sé da cui scaturiscono nuove prospettive di senso. Per educare alla progettualità va pertanto riscoperto il ruolo attivo del soggetto, non solo come produttore di desideri e aspettative disconnessi dalla realtà, ma come attore impegnato a trasformare e rendere migliore quel mondo in cui i suoi desideri assumono un senso.
2015
Progedit
Internazionale
http://metis.progedit.com/anno-v-numero-1-062015-leducazione-ai-tempi-della-crisi/128-saggi/698-defuturizzazione-e-fragilita-del-se-essere-attori-del-proprio-progetto-di-vita.html
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/232925
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