Articolo in rivista di fascia A, con indice SCOPUS Mono(s)- è entrato nell’uso quotidiano slittando da aggettivo a prefisso, o meglio, a prefissoide: monotono/monotonia, monotematico, monolinguismo sono solo alcuni dei termini che abitualmente utilizziamo senza che in essi s’annunci alcuna esclusività, diversamente da quanto, invece, mono(s)- sembrerebbe annunciare. Nessun monolinguismo esclude, infatti, i monolinguismi, né la competenza monotematica ne esclude altre. Neppure il monoteismo esclude la possibilità de “i monoteismi”. Mono(s)-, “solo”, unendosi (in quanto prefissoide) ad altri termini, non pregiudica, dunque, alcuna molteplicità o pluralizzazione dei termini ai quali di volta in volta si unisce. Proprio il prefisso che segnala l’unicità o la singolarità in senso quantitativo, non opera, perciò, alcuna esclusione e, anzi, ripete l’unicità per moltiplicarla: ogni monolinguismo è un monolinguismo che si ripete in modi diversi, ogni monotonia è diversa e si dice in modo diverso, ogni monoteismo si ripete presentando prossimità e differenze. Queste prime (banali) constatazioni si smentiscono tuttavia mentre si formulano. Si è detto che mono(s)- si è fatto prefissoide ma tale forma grammaticale, tecnicamente, è un formativo importato dalle lingue classiche allo scopo di formare un ampio settore del lessico tecnico e scientifico. Invece, nei casi detti, più che alla formazione di un lessico mono(s)- serve per parlare qualitativamente di “realtà” il cui lessico è già definito. Se il prefissoide fissa un linguaggio, mono(s)-, al contrario, pluralizza. Guadagniamo allora un secondo punto: mono(s)- non è prefisso o prefissoide perché non ne svolge la funzione. E a differenza della preposizione meta-, che invece è stata pensata come funzione che unifica diversi significati , di mono(s)- non può esser detta la stessa cosa. Se il suo caso è diverso, lo è perché esso non fa accadere alcuna unificabilità di definizione o funzione, anzi: mono(s)- fa distinguere e permette di distinguere ciò cui si unisce. Né prefisso né funzione, ci resta una terza via: che lo status di mono(s)- sia esso stesso un unicum perché pluralizza e moltiplica. Partire dunque dalla situazione più comune ci fa ottenere questo guadagno: quando mono(s)- si unisce ad altri termini non lo fa per fissare un lessico (in quanto prefissoide) o per unificare significati (funzione); esso si unisce per pluralizzare e lo fa permettendo di coniare termini non escludenti. Detto altrimenti: mono(s)-, unendosi a un altro termine non si fa escludente ma moltiplicante, e nostro avviso è che il monoteismo sia il banco di prova di quest’unicità pluralizzante il/del mono(s)-.

Possiamo pensare mono(s)- senza l’altro? Questioni fenomenologiche su mono(s)- e sull’uno

CANULLO, Carla
2015-01-01

Abstract

Articolo in rivista di fascia A, con indice SCOPUS Mono(s)- è entrato nell’uso quotidiano slittando da aggettivo a prefisso, o meglio, a prefissoide: monotono/monotonia, monotematico, monolinguismo sono solo alcuni dei termini che abitualmente utilizziamo senza che in essi s’annunci alcuna esclusività, diversamente da quanto, invece, mono(s)- sembrerebbe annunciare. Nessun monolinguismo esclude, infatti, i monolinguismi, né la competenza monotematica ne esclude altre. Neppure il monoteismo esclude la possibilità de “i monoteismi”. Mono(s)-, “solo”, unendosi (in quanto prefissoide) ad altri termini, non pregiudica, dunque, alcuna molteplicità o pluralizzazione dei termini ai quali di volta in volta si unisce. Proprio il prefisso che segnala l’unicità o la singolarità in senso quantitativo, non opera, perciò, alcuna esclusione e, anzi, ripete l’unicità per moltiplicarla: ogni monolinguismo è un monolinguismo che si ripete in modi diversi, ogni monotonia è diversa e si dice in modo diverso, ogni monoteismo si ripete presentando prossimità e differenze. Queste prime (banali) constatazioni si smentiscono tuttavia mentre si formulano. Si è detto che mono(s)- si è fatto prefissoide ma tale forma grammaticale, tecnicamente, è un formativo importato dalle lingue classiche allo scopo di formare un ampio settore del lessico tecnico e scientifico. Invece, nei casi detti, più che alla formazione di un lessico mono(s)- serve per parlare qualitativamente di “realtà” il cui lessico è già definito. Se il prefissoide fissa un linguaggio, mono(s)-, al contrario, pluralizza. Guadagniamo allora un secondo punto: mono(s)- non è prefisso o prefissoide perché non ne svolge la funzione. E a differenza della preposizione meta-, che invece è stata pensata come funzione che unifica diversi significati , di mono(s)- non può esser detta la stessa cosa. Se il suo caso è diverso, lo è perché esso non fa accadere alcuna unificabilità di definizione o funzione, anzi: mono(s)- fa distinguere e permette di distinguere ciò cui si unisce. Né prefisso né funzione, ci resta una terza via: che lo status di mono(s)- sia esso stesso un unicum perché pluralizza e moltiplica. Partire dunque dalla situazione più comune ci fa ottenere questo guadagno: quando mono(s)- si unisce ad altri termini non lo fa per fissare un lessico (in quanto prefissoide) o per unificare significati (funzione); esso si unisce per pluralizzare e lo fa permettendo di coniare termini non escludenti. Detto altrimenti: mono(s)-, unendosi a un altro termine non si fa escludente ma moltiplicante, e nostro avviso è che il monoteismo sia il banco di prova di quest’unicità pluralizzante il/del mono(s)-.
2015
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