Da sempre si afferma che il docente deve dedicarsi all’uso didattico delle tecnologie e non deve essere un tecnologo. Ma cosa si intende per tecnologo? Colui che deve interessarsi delle operazioni di riparazione a fronte di malfunzionamenti? Oppure colui che sa operare con un pc e gestisce la sua manutenzione software? Se ci si riferisce al primo, è ovvio che deve esserci un tecnico ed è ovvio che non deve essere il docente; ma si è fuori dal rapporto fra didattica e tecnologie. Se ci si riferisce al secondo, forse non si percepisce lo spessore delle tecnologie: un tecnologo non è colui che svolge solo quelle operazioni. Il ruolo di un docente non è quello di fare manutenzione; però, svolgere quei compiti, non è neppure la mansione principale di un vero tecnologo; quei compiti non ne esauriscono il profilo. Un tecnologo in campo digitale, in riferimento alla scuola, è un professionista che sa costruire con le tecnologie, in particolare con quelle software. Se è così, forse è un po’ sbrigativo dire: «Io sono un docente, non un tecnologo». Se il “concorrente” è un tecnologo di questo tipo, allora il docente pecca se non si impegna sul fronte caratteristico del profilo di questo tecnologo. Ma costruire cosa significa? Per anni ha significato: multimedialità e ipertestualità e web. Il web ha rappresentato e rappresenta tuttora il campo maggiormente frequentato per quanto riguarda l’uso delle tec nologie nella scuola. Tuttavia il web è uno “strumento” per presentare e distribuire. Facilita il dialogo, non lo crea. Se è vero che il web può essere gestito in modalità dialogica, tuttavia i costruttori del dialogo sono le persone che dialogano. Il web ha contribuito allo sviluppo della conoscenza delle tecnologie; ha contribuito a quanto c’è di diffuso, su questo versante, nella scuola, però il web non esaurisce l’approccio alle tecnologie nella didattica. E allora cosa fare? Le prime esperienze di introduzione delle tecnologie nella scuola sono avvenute attraverso la proposta del metodo informatico. Ora sembra di tornare all’inizio: «In 2012, the UK Government announced that their national ICT (Information and Communication Technology) curriculum was being scrapped because it is “harmful and dull” and recommended that it be replaced by computer science K–12. […]. In recent days, President Obama, Mark Zuckerberg, and Microsoft have all advocated for kids to learn “coding”. […]. Programming is the nervous system of the maker revolution. Not only can new virtual products be invented, but programming is required to bring life and intelligence to the physical artifacts a tinkerer or engineer makes» (Libow Martinez S., Stager G., 2013, Invent to learn. Making, Tinkering, and Engineering in the Classroom, Constructing Modern Knowledge Press, Torrance, California, USA, p.132). Nel testo si sostiene la necessità di tornare al coding, non solo come costruzione di programmi, ma come pensiero computazionale che lo sostiene. Per anni la scuola si è allontanata dal coding, avvalorando tale posizione con variegate analisi. Così facendo ha precluso la possibilità di proporre agli studenti vere esperienze di tecnologie. Nel testo si propone un percorso verso la realizzazione di artefatti con un approccio informatico, cercando di far percepire la valenza di questo itinerario. La struttura del volume prevede due sezioni: una dedicata alla didattica e una al rapporto fra tecnologie e didattica. Nella prima si analizzano temi quali: rapporto docente-ricercatore; rapporto insegnamento-apprendimento; i saperi e la didattica; rapporto fra docente, studente e sapere; situazioni didattiche; strategie che il docente mette in atto; regolare e dirigere il proprio apprendimento; modalità di progettazione; livelli micro e macro. Nella seconda si parla di tecnologie autonome e superiori; tinkering, coding, robotica educativa, tecnologie e inclusione. Il testo è permeato da continui riferimenti ai sistemi complessi per ricordare costantemente la complessità dell’agire didattico.

Didattica e tecnologie: intersezioni. Complessità, coding, robotica educativa.

ALESSANDRI, GIUSEPPE
2014-01-01

Abstract

Da sempre si afferma che il docente deve dedicarsi all’uso didattico delle tecnologie e non deve essere un tecnologo. Ma cosa si intende per tecnologo? Colui che deve interessarsi delle operazioni di riparazione a fronte di malfunzionamenti? Oppure colui che sa operare con un pc e gestisce la sua manutenzione software? Se ci si riferisce al primo, è ovvio che deve esserci un tecnico ed è ovvio che non deve essere il docente; ma si è fuori dal rapporto fra didattica e tecnologie. Se ci si riferisce al secondo, forse non si percepisce lo spessore delle tecnologie: un tecnologo non è colui che svolge solo quelle operazioni. Il ruolo di un docente non è quello di fare manutenzione; però, svolgere quei compiti, non è neppure la mansione principale di un vero tecnologo; quei compiti non ne esauriscono il profilo. Un tecnologo in campo digitale, in riferimento alla scuola, è un professionista che sa costruire con le tecnologie, in particolare con quelle software. Se è così, forse è un po’ sbrigativo dire: «Io sono un docente, non un tecnologo». Se il “concorrente” è un tecnologo di questo tipo, allora il docente pecca se non si impegna sul fronte caratteristico del profilo di questo tecnologo. Ma costruire cosa significa? Per anni ha significato: multimedialità e ipertestualità e web. Il web ha rappresentato e rappresenta tuttora il campo maggiormente frequentato per quanto riguarda l’uso delle tec nologie nella scuola. Tuttavia il web è uno “strumento” per presentare e distribuire. Facilita il dialogo, non lo crea. Se è vero che il web può essere gestito in modalità dialogica, tuttavia i costruttori del dialogo sono le persone che dialogano. Il web ha contribuito allo sviluppo della conoscenza delle tecnologie; ha contribuito a quanto c’è di diffuso, su questo versante, nella scuola, però il web non esaurisce l’approccio alle tecnologie nella didattica. E allora cosa fare? Le prime esperienze di introduzione delle tecnologie nella scuola sono avvenute attraverso la proposta del metodo informatico. Ora sembra di tornare all’inizio: «In 2012, the UK Government announced that their national ICT (Information and Communication Technology) curriculum was being scrapped because it is “harmful and dull” and recommended that it be replaced by computer science K–12. […]. In recent days, President Obama, Mark Zuckerberg, and Microsoft have all advocated for kids to learn “coding”. […]. Programming is the nervous system of the maker revolution. Not only can new virtual products be invented, but programming is required to bring life and intelligence to the physical artifacts a tinkerer or engineer makes» (Libow Martinez S., Stager G., 2013, Invent to learn. Making, Tinkering, and Engineering in the Classroom, Constructing Modern Knowledge Press, Torrance, California, USA, p.132). Nel testo si sostiene la necessità di tornare al coding, non solo come costruzione di programmi, ma come pensiero computazionale che lo sostiene. Per anni la scuola si è allontanata dal coding, avvalorando tale posizione con variegate analisi. Così facendo ha precluso la possibilità di proporre agli studenti vere esperienze di tecnologie. Nel testo si propone un percorso verso la realizzazione di artefatti con un approccio informatico, cercando di far percepire la valenza di questo itinerario. La struttura del volume prevede due sezioni: una dedicata alla didattica e una al rapporto fra tecnologie e didattica. Nella prima si analizzano temi quali: rapporto docente-ricercatore; rapporto insegnamento-apprendimento; i saperi e la didattica; rapporto fra docente, studente e sapere; situazioni didattiche; strategie che il docente mette in atto; regolare e dirigere il proprio apprendimento; modalità di progettazione; livelli micro e macro. Nella seconda si parla di tecnologie autonome e superiori; tinkering, coding, robotica educativa, tecnologie e inclusione. Il testo è permeato da continui riferimenti ai sistemi complessi per ricordare costantemente la complessità dell’agire didattico.
2014
9788867091775
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/208440
 Attenzione

Attenzione! I dati visualizzati non sono stati sottoposti a validazione da parte dell'ateneo

Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact