Si dà per scontato che l’Europa “vi sia” per il solo fatto che c’è stata una unificazione progressiva degli Stati membri, tacendo invece il fatto che unificazione non significa, necessariamente, unione. Mentre nell’unificazione le differenze sono ridotte per essere ricondotte a un unico modello – come nel caso della "reductio ad unum" monetaria – l’unione, per quanto fragile, rappresenta invece la sintesi delle differenze o, anche, di storie differenti e financo di conflitti. Rispetto a tale complessità, l’idea di procedere ad una unificazione operata su una base esclusivamente economica per un verso si rivela come una scelta violenta e, per altro verso, tradisce la propria impotenza. La sua violenza, innanzi tutto, perché l’unificazione economica s’impone come una sorta di ab-solutus de-materializzato e slegato da ogni decisione autenticamente politica al punto che, per affermarsi, si pone addirittura “contro” la politica. Di conseguenza, ogni progetto culturale non dispone né di forza né di autorità per opporsi a questo potere assoluto e de-materializzato. La sua impotenza, poi, perché l’unificazione economica non riesce a tacitare le spinte indipendentiste e anti-europeiste che vedono in tale processo un abuso di potere che esautora le legittime aspirazioni nazionali. Ora, che l’unione europea sia stata realizzata soltanto come unificazione è evidente, così come è evidente che essa sia stata pensata come unificazione e "reductio ad unum" di tutti gli aspetti della sovranità nazionale, soprattutto di quella monetaria ed economica. Resta, però, un compito che spetta alla filosofia: anziché preoccuparsi di mettere in campo analisi sempre più raffinate per criticare o ripensare quest’unificazione, essa può rovesciare l’analisi appena proposta nel tentativo di pensare quanto ancora resta da pensare, ovvero l’impensato dell’Europa. E in questo caso, a essere ancora impensata è l’unione stessa, la quale non è un dato di fatto – come l’unificazione – ma un compito alla cui realizzazione tutte le differenti identità europee sono convocate. Dalla disillusione di Europa la filosofia può perciò ripartire per iniziare a pensare, secondo la propria vocazione, quell’unione che resta impensata, perché tale è, a tutt’oggi, quell’ethos europeo, che all’inizio degli anni Novanta del XX secolo, Hans Georg Gadamer indicava come "l’eredità dell’Europa".

IDENTITÀ TRADOTTE SENSO E POSSIBILITÀ DI UN ETHOS EUROPEO

CANULLO, Carla;
2014-01-01

Abstract

Si dà per scontato che l’Europa “vi sia” per il solo fatto che c’è stata una unificazione progressiva degli Stati membri, tacendo invece il fatto che unificazione non significa, necessariamente, unione. Mentre nell’unificazione le differenze sono ridotte per essere ricondotte a un unico modello – come nel caso della "reductio ad unum" monetaria – l’unione, per quanto fragile, rappresenta invece la sintesi delle differenze o, anche, di storie differenti e financo di conflitti. Rispetto a tale complessità, l’idea di procedere ad una unificazione operata su una base esclusivamente economica per un verso si rivela come una scelta violenta e, per altro verso, tradisce la propria impotenza. La sua violenza, innanzi tutto, perché l’unificazione economica s’impone come una sorta di ab-solutus de-materializzato e slegato da ogni decisione autenticamente politica al punto che, per affermarsi, si pone addirittura “contro” la politica. Di conseguenza, ogni progetto culturale non dispone né di forza né di autorità per opporsi a questo potere assoluto e de-materializzato. La sua impotenza, poi, perché l’unificazione economica non riesce a tacitare le spinte indipendentiste e anti-europeiste che vedono in tale processo un abuso di potere che esautora le legittime aspirazioni nazionali. Ora, che l’unione europea sia stata realizzata soltanto come unificazione è evidente, così come è evidente che essa sia stata pensata come unificazione e "reductio ad unum" di tutti gli aspetti della sovranità nazionale, soprattutto di quella monetaria ed economica. Resta, però, un compito che spetta alla filosofia: anziché preoccuparsi di mettere in campo analisi sempre più raffinate per criticare o ripensare quest’unificazione, essa può rovesciare l’analisi appena proposta nel tentativo di pensare quanto ancora resta da pensare, ovvero l’impensato dell’Europa. E in questo caso, a essere ancora impensata è l’unione stessa, la quale non è un dato di fatto – come l’unificazione – ma un compito alla cui realizzazione tutte le differenti identità europee sono convocate. Dalla disillusione di Europa la filosofia può perciò ripartire per iniziare a pensare, secondo la propria vocazione, quell’unione che resta impensata, perché tale è, a tutt’oggi, quell’ethos europeo, che all’inizio degli anni Novanta del XX secolo, Hans Georg Gadamer indicava come "l’eredità dell’Europa".
2014
9788897497066
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