La crisi dell’economia italiana rappresenta senz’altro uno dei nodi maggiormente problematici nel contesto più generale della crisi globale e della zona euro. A fronte di un continuo e tumultuoso peggioramento dei conti nazionali a partire dal 2008, le politiche economiche sin qui implementate si sono concentrate quasi esclusivamente sulle componenti dell’offerta, mirando al sostegno del sistema finanziario, ad una robusta diminuzione della spesa pubblica ed alla flessibilizzazione del mercato del lavoro. Simili interventi hanno trovato la loro giustificazione in una serie di contributi a carattere teorico-economico (ad es. Giavazzi e Spaventa 2011; Alesina e Ardagna 2010), volti a dimostrare come l’Italia avesse per un verso caratteristiche comuni al resto delle economie sviluppate (e dunque richiedesse politiche affini), per l’altro problemi specifici. Da parte degli economisti neoclassici e delle principali istituzioni economiche internazionali è stato infatti enfatizzato l’andamento decrescente della produttività del lavoro e l’eccessiva onerosità del costo del lavoro nel nostro paese: proprio questi aspetti sarebbero all’origine della profonda recessione in atto, imponendo interventi drastici sul mercato del lavoro per rilanciare produttività, crescita ed occupazione. Tuttavia, i risultati fortemente negativi sin qui ottenuti impongono una oculata riconsiderazione tanto delle scelte compiute quanto della solidità degli argomenti analitici mediante le quali esse sono state giustificate. Di converso, essi rilanciano quei contributi provenienti dai filoni post-keynesiani (ad es. Bagnai, 2013) e critici dell’economia (ad es. Bellofiore, 2010; 2012), i cui risultati hanno generalmente sottolineato il ruolo depressivo sulla domanda aggregata che le regole di funzionamento dell’unione monetaria, l’austerità e la deflazione salariale hanno esercitato prima e durante la crisi italiana. In linea con quest’ultimo filone di analisi, il presente lavoro si propone innanzitutto di dimostrare che il peggioramento della distribuzione del reddito e la diminuzione della domanda aggregata sono all’origine dell’aumento del CULP (indice del costo del lavoro per unità di prodotto) e della diminuzione della produttività registrati nell’ultimo decennio. In secondo luogo – integrando un simile approccio demand-oriented con un’attenta disamina della struttura economica, in continuità con l’analisi di Foley e Michl (1999) – si intende evidenziare il cruciale ruolo svolto dalla scarsa produttività, efficienza ed accumulazione dei capitali nel contesto del progressivo declino dell’economia italiana . A tal fine, il lavoro sarà diviso in cinque sezioni. Nella seconda si richiameranno i principali risultati del dibattito teorico-economico sulla crisi globale, dell’eurozona e italiana mostrando la stretta relazione tra essi e le politiche economiche implementate da governi ed istituzioni internazionali. Nella terza sezione si affronterà il problema dell’andamento crescente del CULP (e decrescente della produttività) nel nostro paese, evidenziando il ruolo svolto dalle variabili distributive. Nella quarta sezione, ci si occuperà della produttività del capitale, della sua efficienza e dell’andamento dell’accumulazione in Italia nell’ultimo trentennio. Infine, si esprimeranno delle considerazioni finali tanto sulla diagnosi della crisi italiana sin qui proposta quanto sulle politiche economiche applicate.

Il declino e la crisi dell'economia italiana: dalla teoria ai fatti stilizzati

PERRI, Stefano
2014-01-01

Abstract

La crisi dell’economia italiana rappresenta senz’altro uno dei nodi maggiormente problematici nel contesto più generale della crisi globale e della zona euro. A fronte di un continuo e tumultuoso peggioramento dei conti nazionali a partire dal 2008, le politiche economiche sin qui implementate si sono concentrate quasi esclusivamente sulle componenti dell’offerta, mirando al sostegno del sistema finanziario, ad una robusta diminuzione della spesa pubblica ed alla flessibilizzazione del mercato del lavoro. Simili interventi hanno trovato la loro giustificazione in una serie di contributi a carattere teorico-economico (ad es. Giavazzi e Spaventa 2011; Alesina e Ardagna 2010), volti a dimostrare come l’Italia avesse per un verso caratteristiche comuni al resto delle economie sviluppate (e dunque richiedesse politiche affini), per l’altro problemi specifici. Da parte degli economisti neoclassici e delle principali istituzioni economiche internazionali è stato infatti enfatizzato l’andamento decrescente della produttività del lavoro e l’eccessiva onerosità del costo del lavoro nel nostro paese: proprio questi aspetti sarebbero all’origine della profonda recessione in atto, imponendo interventi drastici sul mercato del lavoro per rilanciare produttività, crescita ed occupazione. Tuttavia, i risultati fortemente negativi sin qui ottenuti impongono una oculata riconsiderazione tanto delle scelte compiute quanto della solidità degli argomenti analitici mediante le quali esse sono state giustificate. Di converso, essi rilanciano quei contributi provenienti dai filoni post-keynesiani (ad es. Bagnai, 2013) e critici dell’economia (ad es. Bellofiore, 2010; 2012), i cui risultati hanno generalmente sottolineato il ruolo depressivo sulla domanda aggregata che le regole di funzionamento dell’unione monetaria, l’austerità e la deflazione salariale hanno esercitato prima e durante la crisi italiana. In linea con quest’ultimo filone di analisi, il presente lavoro si propone innanzitutto di dimostrare che il peggioramento della distribuzione del reddito e la diminuzione della domanda aggregata sono all’origine dell’aumento del CULP (indice del costo del lavoro per unità di prodotto) e della diminuzione della produttività registrati nell’ultimo decennio. In secondo luogo – integrando un simile approccio demand-oriented con un’attenta disamina della struttura economica, in continuità con l’analisi di Foley e Michl (1999) – si intende evidenziare il cruciale ruolo svolto dalla scarsa produttività, efficienza ed accumulazione dei capitali nel contesto del progressivo declino dell’economia italiana . A tal fine, il lavoro sarà diviso in cinque sezioni. Nella seconda si richiameranno i principali risultati del dibattito teorico-economico sulla crisi globale, dell’eurozona e italiana mostrando la stretta relazione tra essi e le politiche economiche implementate da governi ed istituzioni internazionali. Nella terza sezione si affronterà il problema dell’andamento crescente del CULP (e decrescente della produttività) nel nostro paese, evidenziando il ruolo svolto dalle variabili distributive. Nella quarta sezione, ci si occuperà della produttività del capitale, della sua efficienza e dell’andamento dell’accumulazione in Italia nell’ultimo trentennio. Infine, si esprimeranno delle considerazioni finali tanto sulla diagnosi della crisi italiana sin qui proposta quanto sulle politiche economiche applicate.
2014
9788860564108
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/197242
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