L’attuale lungo finale moderno costituisce l’occasione ideale per un ripensamento fecondo delle categorie e del lessico politico che continuiamo a impiegare, specie di quell’istituto rappresentativo deputato a conferire una forma unitaria alla volontà del soggetto collettivo, muovendo da un processo tipicamente moderno di astrazione degli individui. A partire da una ricostruzione critica di alcuni significati del paradigma rappresentativo cui ha dato voce la filosofia politica moderna, occorre interrogarsi sulla democratizzazione della rappresentanza riflettendo sulla rappresentatività e le dinamiche partecipative. Affinché l’atto del rappresentare possa essere democratico è necessario mantenere in vita il suo carattere processuale. Il movimento che dà impulso alla democratizzazione della rappresentanza politica riguarda la rappresentatività, vale a dire la capacità di essere interpreti delle visioni del mondo e delle istanze sociali che emergono nella comunità. Una risposta conforme a una questione complessa e controversa come il deficit di rappresentatività – che chiama in causa il peso della partecipazione – non può essere quella che pretende di trasformare l’istituto rappresentativo moderno in uno spettro svuotato di senso reintroducendone in cambio una versione corporativa “senza corpo”, sempre più virtuale, nel tentativo di instaurare un’impossibile simbiosi tra rappresentante e rappresentato. Rappresentante e rappresentato non sono identici né sovrapponibili. È necessario, tuttavia, costruire una qualche corrispondenza o punto di tangenza almeno nelle idee e nelle prospettive che maturano in seno alla società civile, e che i rappresentanti devono tradurre in deliberazioni formali nella loro attività istituzionale. Questa sintesi complessa e imperfetta di messa in forma politica della volontà, ben più che un semplice rispecchiamento, esige la libertà di mandato di quel legislatore chiamato a un costante esercizio di universalizzazione, di eco kantiana, che sappia assumere come bussola orientativa l’interesse generale.

La dialettica rappresentativa tra disidentificazione e rappresentatività

MATTUCCI, NATASCIA
2014-01-01

Abstract

L’attuale lungo finale moderno costituisce l’occasione ideale per un ripensamento fecondo delle categorie e del lessico politico che continuiamo a impiegare, specie di quell’istituto rappresentativo deputato a conferire una forma unitaria alla volontà del soggetto collettivo, muovendo da un processo tipicamente moderno di astrazione degli individui. A partire da una ricostruzione critica di alcuni significati del paradigma rappresentativo cui ha dato voce la filosofia politica moderna, occorre interrogarsi sulla democratizzazione della rappresentanza riflettendo sulla rappresentatività e le dinamiche partecipative. Affinché l’atto del rappresentare possa essere democratico è necessario mantenere in vita il suo carattere processuale. Il movimento che dà impulso alla democratizzazione della rappresentanza politica riguarda la rappresentatività, vale a dire la capacità di essere interpreti delle visioni del mondo e delle istanze sociali che emergono nella comunità. Una risposta conforme a una questione complessa e controversa come il deficit di rappresentatività – che chiama in causa il peso della partecipazione – non può essere quella che pretende di trasformare l’istituto rappresentativo moderno in uno spettro svuotato di senso reintroducendone in cambio una versione corporativa “senza corpo”, sempre più virtuale, nel tentativo di instaurare un’impossibile simbiosi tra rappresentante e rappresentato. Rappresentante e rappresentato non sono identici né sovrapponibili. È necessario, tuttavia, costruire una qualche corrispondenza o punto di tangenza almeno nelle idee e nelle prospettive che maturano in seno alla società civile, e che i rappresentanti devono tradurre in deliberazioni formali nella loro attività istituzionale. Questa sintesi complessa e imperfetta di messa in forma politica della volontà, ben più che un semplice rispecchiamento, esige la libertà di mandato di quel legislatore chiamato a un costante esercizio di universalizzazione, di eco kantiana, che sappia assumere come bussola orientativa l’interesse generale.
2014
9788854874930
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