Introduzione Negli ultimi tre decenni è cresciuto l’interessamento da parte del mondo medico e psicologico riguardo allo studio e della risata e dell’umorismo. Tuttavia, per quanto concerne la psicoterapia, le evidenze empiriche appaino scarse sia per quanto concerne l’utilizzo dell’umorismo che la presenza del ridere in tale contesto istituzionale. Per questo motivo, l’area di ricerca del presente studio è la conversazione in ambito psicoterapeutico, indagata con strumenti metodologici qualitativi e quantitativi. Metodo e ipotesi di ricerca Lo scopo di questo studio è stato quello di esaminare, dal punto di vista dell’analisi della conversazione (AC), il fenomeno del ridere e degli elementi umoristici presenti sia da parte del terapeuta che del paziente, nelle interazione prodotte durante le sessioni di psicoterapia cognitivo comportamentale. I dati dello studio sono costituiti da sessioni audio-registrate di alcune coppie terapeuta-paziente provenienti da otto prime sedute di psicoterapia cognitivo-comportamentale. In particolare, attraverso l’analisi dei frammenti si è voluto: 1. individuare e descrivere le differenze quantitative e qualitative di risate fra terapeuta e paziente; 2. descrivere l’organizzazione complessiva e locale dei fenomeni umoristici e del ridere; 3. rintracciare le funzioni veicolate da commenti umoristici e risate; 4. analizzare la proporzione esistente fra risate, interventi umoristici e quantità di parlato fra terapeuta e paziente I trascritti provengono da prime sedute di psicoterapia effettuate con otto pazienti (5 maschi e 3 femmine, età M = 43,13 DS = 7,43 Range = 30 – 54 anni). Il livello di istruzione appare medio (sette soggetti hanno conseguito un diploma di secondo grado, mentre uno è in possesso di laurea). I due terapeuti, entrambi di genere maschile, avevano età diversa (terapeuta A = 31 anni, terapeuta B = 36 anni) e medesima esperienza clinica (tre anni). Risultati Il corpus di sedute analizzate mostra una differenza nell’uso del risibile fra terapeuta e paziente. Per quanto riguarda il paziente, è emerso come la quasi totalità del risibile (risate, particelle di risate, tono ridente e commenti umoristici) riguardi un tema delicato presentato dallo stesso paziente durante l’interazione. I pazienti tendono ad utilizzare maggiormente la risata rispetto a particelle di risata, commenti umoristici e utilizzo di tono ridente. Nello specifico, è emerso che i pazienti tendono a ridere in seguito all’introduzione di temi delicati, mentre diverse sono le risposte attuate dal terapeuta. L’analisi delle interazioni ha mostrato come nella maggioranza dei casi il paziente rideva in seguito all’introduzione di un tema delicato senza che il terapeuta si allineasse, continuando a indagare il tema esposto, oppure continuando la sua esposizione in tono serio. Un’altra strategia mostrata dai terapeuti è stata quella di non allinearsi affatto, non produrre alcun commento e lasciare che il paziente continuasse a parlare dell’argomento precedentemente toccato. Un’altra modalità emersa è quella in cui il terapeuta non si allinea, effettua un cenno di comprensione e il paziente continua l’eloquio. È altresì emersa la tendenza del paziente a ridere nuovamente dopo che il terapeuta effettua un commento empatico. Per quanto concerne i commenti umoristici effettuati dal paziente è emerso che i terapeuti hanno riso solo nella metà dei casi (cinque volte su dieci). Quando il terapeuta non si allinea, il paziente prosegue l’eloquio in tono serio. Per quanto riguarda i commenti sarcastici effettuati dai pazienti (due casi) il terapeuta in un caso ha riso, mentre nell’altro ha rifiutato l’invito. Nel primo caso, il paziente ha proseguito il suo commento sarcastico, mentre nel secondo non ha proseguito. Sebbene i terapeuti abbiano riso meno dei pazienti, essi hanno effettuato un maggior numero di commenti umoristici (dodici). Di questi, la metà sono stati effettuati per mettere a proprio agio il paziente dopo che questi aveva introdotto un tema delicato. In due casi il paziente non ha riso. Inoltre, in altri due casi il terapeuta ride dopo che il paziente ha presentato un sintomo o un elemento delicato: in questi casi il paziente si allinea con il terapeuta e ride del suo sintomo. Infine, è emerso che i terapeuti hanno riso due volte a segnalare un cambio di argomento. L’analisi quantitativa dei dati ha mostrato come maggiore è la durata del colloquio, maggiore è il numero di risate emesse dai pazienti e non dai terapeuti. Vi è una correlazione significativa fra le risate totali emesse dai pazienti e le risate inerenti a temi delicati. È da notare che i fenomeni del risibile del paziente non mostrano relazioni con il tempo parlato dal terapeuta. Il tempo parlato dal paziente mostra una correlazione negativa con le risate emesse dal terapeuta: non è necessario, quindi, che il paziente parli molto o produca numerose risate di invito per trovare un allineamento da parte del terapeuta, bensì che egli effettui commenti umoristici pertinenti in grado di far ridere l’interlocutore. Per quanto riguarda le risate emessa dal terapeuta, esse mostrano una correlazione positiva con il parlato dello stesso, probabilmente a indicare che i terapeuti tendono a ridere in maniera maggiore per ciò che dicono in prima persona. Inoltre, è emersa una correlazione positiva fra le risate di derisone del terapeuta, le risate di imbarazzo del paziente ed il numero totale delle risate emesse dal terapeuta. Questo dato potrebbe indicare una tendenza ad un utilizzo non positivo dell’umorismo da parte dei due terapeuti volto a ridere di, piuttosto che ridere con il paziente. Discussione Questo rappresenta uno dei primi studi volto a indagare l’utilizzo di risata e umorismo in psicoterapia. I risultati di questa ricerca sono in linea con gli studi precedenti che mostrano che nei setting istituzionali sanitari il paziente tende a ridere più del terapeuta o medico. La maggior parte delle risate dei pazienti è riconducibile al proferimento di un tema delicato mentre i terapeuti tendono a non allinearsi. Coerentemente con quanto presente in letteratura, la differenza mostrata nel manifestare differenze nel risibile da parte dei terapeuti può essere visto come un indicatore di asimmetria del proprio ruolo rispetto a quello dei pazienti. Inoltre, mentre i pazienti effettuano tendenzialmente commenti umoristici in merito alla propria situazione, i terapeuti effettuano un maggior numero di commenti umoristici, per lo più volti a mettere a proprio agio il paziente. Ulteriori ricerche sono necessarie per poter generalizzare i risultati ottenuti.

Risata e umorismo in un corpus di primi colloqui psicoterapeutici ad orientamento cognitivo-comportamentale

DIONIGI, Alberto
2014-01-01

Abstract

Introduzione Negli ultimi tre decenni è cresciuto l’interessamento da parte del mondo medico e psicologico riguardo allo studio e della risata e dell’umorismo. Tuttavia, per quanto concerne la psicoterapia, le evidenze empiriche appaino scarse sia per quanto concerne l’utilizzo dell’umorismo che la presenza del ridere in tale contesto istituzionale. Per questo motivo, l’area di ricerca del presente studio è la conversazione in ambito psicoterapeutico, indagata con strumenti metodologici qualitativi e quantitativi. Metodo e ipotesi di ricerca Lo scopo di questo studio è stato quello di esaminare, dal punto di vista dell’analisi della conversazione (AC), il fenomeno del ridere e degli elementi umoristici presenti sia da parte del terapeuta che del paziente, nelle interazione prodotte durante le sessioni di psicoterapia cognitivo comportamentale. I dati dello studio sono costituiti da sessioni audio-registrate di alcune coppie terapeuta-paziente provenienti da otto prime sedute di psicoterapia cognitivo-comportamentale. In particolare, attraverso l’analisi dei frammenti si è voluto: 1. individuare e descrivere le differenze quantitative e qualitative di risate fra terapeuta e paziente; 2. descrivere l’organizzazione complessiva e locale dei fenomeni umoristici e del ridere; 3. rintracciare le funzioni veicolate da commenti umoristici e risate; 4. analizzare la proporzione esistente fra risate, interventi umoristici e quantità di parlato fra terapeuta e paziente I trascritti provengono da prime sedute di psicoterapia effettuate con otto pazienti (5 maschi e 3 femmine, età M = 43,13 DS = 7,43 Range = 30 – 54 anni). Il livello di istruzione appare medio (sette soggetti hanno conseguito un diploma di secondo grado, mentre uno è in possesso di laurea). I due terapeuti, entrambi di genere maschile, avevano età diversa (terapeuta A = 31 anni, terapeuta B = 36 anni) e medesima esperienza clinica (tre anni). Risultati Il corpus di sedute analizzate mostra una differenza nell’uso del risibile fra terapeuta e paziente. Per quanto riguarda il paziente, è emerso come la quasi totalità del risibile (risate, particelle di risate, tono ridente e commenti umoristici) riguardi un tema delicato presentato dallo stesso paziente durante l’interazione. I pazienti tendono ad utilizzare maggiormente la risata rispetto a particelle di risata, commenti umoristici e utilizzo di tono ridente. Nello specifico, è emerso che i pazienti tendono a ridere in seguito all’introduzione di temi delicati, mentre diverse sono le risposte attuate dal terapeuta. L’analisi delle interazioni ha mostrato come nella maggioranza dei casi il paziente rideva in seguito all’introduzione di un tema delicato senza che il terapeuta si allineasse, continuando a indagare il tema esposto, oppure continuando la sua esposizione in tono serio. Un’altra strategia mostrata dai terapeuti è stata quella di non allinearsi affatto, non produrre alcun commento e lasciare che il paziente continuasse a parlare dell’argomento precedentemente toccato. Un’altra modalità emersa è quella in cui il terapeuta non si allinea, effettua un cenno di comprensione e il paziente continua l’eloquio. È altresì emersa la tendenza del paziente a ridere nuovamente dopo che il terapeuta effettua un commento empatico. Per quanto concerne i commenti umoristici effettuati dal paziente è emerso che i terapeuti hanno riso solo nella metà dei casi (cinque volte su dieci). Quando il terapeuta non si allinea, il paziente prosegue l’eloquio in tono serio. Per quanto riguarda i commenti sarcastici effettuati dai pazienti (due casi) il terapeuta in un caso ha riso, mentre nell’altro ha rifiutato l’invito. Nel primo caso, il paziente ha proseguito il suo commento sarcastico, mentre nel secondo non ha proseguito. Sebbene i terapeuti abbiano riso meno dei pazienti, essi hanno effettuato un maggior numero di commenti umoristici (dodici). Di questi, la metà sono stati effettuati per mettere a proprio agio il paziente dopo che questi aveva introdotto un tema delicato. In due casi il paziente non ha riso. Inoltre, in altri due casi il terapeuta ride dopo che il paziente ha presentato un sintomo o un elemento delicato: in questi casi il paziente si allinea con il terapeuta e ride del suo sintomo. Infine, è emerso che i terapeuti hanno riso due volte a segnalare un cambio di argomento. L’analisi quantitativa dei dati ha mostrato come maggiore è la durata del colloquio, maggiore è il numero di risate emesse dai pazienti e non dai terapeuti. Vi è una correlazione significativa fra le risate totali emesse dai pazienti e le risate inerenti a temi delicati. È da notare che i fenomeni del risibile del paziente non mostrano relazioni con il tempo parlato dal terapeuta. Il tempo parlato dal paziente mostra una correlazione negativa con le risate emesse dal terapeuta: non è necessario, quindi, che il paziente parli molto o produca numerose risate di invito per trovare un allineamento da parte del terapeuta, bensì che egli effettui commenti umoristici pertinenti in grado di far ridere l’interlocutore. Per quanto riguarda le risate emessa dal terapeuta, esse mostrano una correlazione positiva con il parlato dello stesso, probabilmente a indicare che i terapeuti tendono a ridere in maniera maggiore per ciò che dicono in prima persona. Inoltre, è emersa una correlazione positiva fra le risate di derisone del terapeuta, le risate di imbarazzo del paziente ed il numero totale delle risate emesse dal terapeuta. Questo dato potrebbe indicare una tendenza ad un utilizzo non positivo dell’umorismo da parte dei due terapeuti volto a ridere di, piuttosto che ridere con il paziente. Discussione Questo rappresenta uno dei primi studi volto a indagare l’utilizzo di risata e umorismo in psicoterapia. I risultati di questa ricerca sono in linea con gli studi precedenti che mostrano che nei setting istituzionali sanitari il paziente tende a ridere più del terapeuta o medico. La maggior parte delle risate dei pazienti è riconducibile al proferimento di un tema delicato mentre i terapeuti tendono a non allinearsi. Coerentemente con quanto presente in letteratura, la differenza mostrata nel manifestare differenze nel risibile da parte dei terapeuti può essere visto come un indicatore di asimmetria del proprio ruolo rispetto a quello dei pazienti. Inoltre, mentre i pazienti effettuano tendenzialmente commenti umoristici in merito alla propria situazione, i terapeuti effettuano un maggior numero di commenti umoristici, per lo più volti a mettere a proprio agio il paziente. Ulteriori ricerche sono necessarie per poter generalizzare i risultati ottenuti.
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