L’oggetto di questa ricerca è la discussione del ruolo e del valore del principio di precauzione, in particolare nel contesto giuridico nazionale e comunitario. Enunciato dapprima nei principi della Dichiarazione di Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo del 1992, il principio di precauzione viene successivamente codificato dal Trattato della Comunità Europea, che lo qualifica come principio autonomo. In seguito, il principio di precauzione è stato ripreso in un gran numero di convenzioni ambientali, tanto a carattere generale quanto settoriale, senza tuttavia essere mai stato definito a livello europeo in un testo normativo dettagliato ed esauriente. Si è così tentato di operare una breve ricognizione delle fonti di diritto internazionale e comunitario che contemplano il principio in parola, per poi mettere a confronto due approcci precauzionali molto differenti fra loro: quello statunitense e quello comunitario. Attraverso il confronto delle eterogenee declinazioni del principio di precauzione, delle versioni cd. deboli e forti, si può notare come la percezione del rischio, i parametri per individuarlo e l’atteggiamento verso esso siano tutti fattori che mutano da uno Stato all’altro. Le coordinate sociologiche di questo lavoro possono ravvisarsi nella società del rischio teorizzata da Ulrich Beck, se la società industriale “tradizionale” si basava sull’idea di distribuzione della ricchezza, la società postmoderna, nel garantire un esponenziale miglioramento della qualità della vita, si organizza prevalentemente allo scopo di allocare, più che i vantaggi, gli svantaggi dello sviluppo. In quest’ottica, l’attuale modernità sarebbe connotata da processi circolari ambigui, intrinsecamente contraddittori, volti, nella prospettiva di un miglioramento complessivo delle condizioni generali di vita, ad alimentare forme sempre più penetranti di insicurezza collettiva. Di conseguenza, si è spostata l’attenzione sui possibili percorsi intrapresi e da intraprendere nel diritto e nella politica di fronte alle rapide trasformazioni della tecnoscienza, dando rilievo anche alla prassi giurisdizionale in tre ambiti particolarmente significativi per il principio in questione: la sicurezza alimentare e la problematica relativa agli organismi geneticamente modificati, l’inquinamento derivante da campi elettromagnetici e le nanotecnologie. Invero, il sistema giuridico risulta essere, senza alcun dubbio, uno dei principali strumenti di reazione alla forme di destabilizzazione sociale, provocate dalle condizioni di insicurezza alimentate dal progresso socio-tecnologico. La riflessione filosofica è volta ad approfondire il significato del principio di precauzione attraverso il confronto con il concetto di rischio e il concetto di responsabilità, ma tale confronto non è che uno degli aspetti del più ampio confronto fra progresso tecnologico e costruzione di una normatività sociale che renda possibile uno sviluppo sostenibile, non limitato alla sola crescita economica e nemmeno alla pur necessaria tutela dell’ambiente. L’etica della responsabilità di Jonas si rivolge non solo al presente, ma soprattutto al futuro, mettendo in luce l’erroneità e la pericolosità dell’ideale utopico del continuo progresso tecnologico. Si concluderà l’analisi discutendo il ruolo del principio di precauzione all’interno del sistema delle fonti del diritto, soffermandosi sul dibattuto concetto di soft law poiché le interpretazioni più convincenti sembrano ricondurre il principio di precauzione nell’alveolo del cd. diritto morbido. Il tratto peculiare della soft law consiste nella capacità di alcuni precetti, contenuti in strumenti privi di forza giuridica vincolante, di influenzare i comportamenti dei destinatari, in assenza di una specifica sanzione giuridica. Il concetto di soft law appare però sicuramente connesso a quello di governance, poiché la produzione di regole che avviene per canali diversi dalle procedure formali tipiche delle istituzioni costituzionali di governo, rinvia a modi nuovi, diversi, di gestire processi decisionali complessi. La governance mira ad includere svariate tipologie di attori: gruppi di esperti e associazioni professionali, parti sociali ed espressioni della società civile, imprese economiche e specialmente associazioni ambientaliste e movimenti sociali. In quest’ottica, l’ approccio precauzionale deve dunque presupporre dinamiche partecipative in grado di coinvolgere la società civile nei processi decisionali, secondo un modello di governance partecipativa dei rischi.

Il principio di precauzione nella società del rischio

PATRIZI, Elisabetta
2014-01-01

Abstract

L’oggetto di questa ricerca è la discussione del ruolo e del valore del principio di precauzione, in particolare nel contesto giuridico nazionale e comunitario. Enunciato dapprima nei principi della Dichiarazione di Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo del 1992, il principio di precauzione viene successivamente codificato dal Trattato della Comunità Europea, che lo qualifica come principio autonomo. In seguito, il principio di precauzione è stato ripreso in un gran numero di convenzioni ambientali, tanto a carattere generale quanto settoriale, senza tuttavia essere mai stato definito a livello europeo in un testo normativo dettagliato ed esauriente. Si è così tentato di operare una breve ricognizione delle fonti di diritto internazionale e comunitario che contemplano il principio in parola, per poi mettere a confronto due approcci precauzionali molto differenti fra loro: quello statunitense e quello comunitario. Attraverso il confronto delle eterogenee declinazioni del principio di precauzione, delle versioni cd. deboli e forti, si può notare come la percezione del rischio, i parametri per individuarlo e l’atteggiamento verso esso siano tutti fattori che mutano da uno Stato all’altro. Le coordinate sociologiche di questo lavoro possono ravvisarsi nella società del rischio teorizzata da Ulrich Beck, se la società industriale “tradizionale” si basava sull’idea di distribuzione della ricchezza, la società postmoderna, nel garantire un esponenziale miglioramento della qualità della vita, si organizza prevalentemente allo scopo di allocare, più che i vantaggi, gli svantaggi dello sviluppo. In quest’ottica, l’attuale modernità sarebbe connotata da processi circolari ambigui, intrinsecamente contraddittori, volti, nella prospettiva di un miglioramento complessivo delle condizioni generali di vita, ad alimentare forme sempre più penetranti di insicurezza collettiva. Di conseguenza, si è spostata l’attenzione sui possibili percorsi intrapresi e da intraprendere nel diritto e nella politica di fronte alle rapide trasformazioni della tecnoscienza, dando rilievo anche alla prassi giurisdizionale in tre ambiti particolarmente significativi per il principio in questione: la sicurezza alimentare e la problematica relativa agli organismi geneticamente modificati, l’inquinamento derivante da campi elettromagnetici e le nanotecnologie. Invero, il sistema giuridico risulta essere, senza alcun dubbio, uno dei principali strumenti di reazione alla forme di destabilizzazione sociale, provocate dalle condizioni di insicurezza alimentate dal progresso socio-tecnologico. La riflessione filosofica è volta ad approfondire il significato del principio di precauzione attraverso il confronto con il concetto di rischio e il concetto di responsabilità, ma tale confronto non è che uno degli aspetti del più ampio confronto fra progresso tecnologico e costruzione di una normatività sociale che renda possibile uno sviluppo sostenibile, non limitato alla sola crescita economica e nemmeno alla pur necessaria tutela dell’ambiente. L’etica della responsabilità di Jonas si rivolge non solo al presente, ma soprattutto al futuro, mettendo in luce l’erroneità e la pericolosità dell’ideale utopico del continuo progresso tecnologico. Si concluderà l’analisi discutendo il ruolo del principio di precauzione all’interno del sistema delle fonti del diritto, soffermandosi sul dibattuto concetto di soft law poiché le interpretazioni più convincenti sembrano ricondurre il principio di precauzione nell’alveolo del cd. diritto morbido. Il tratto peculiare della soft law consiste nella capacità di alcuni precetti, contenuti in strumenti privi di forza giuridica vincolante, di influenzare i comportamenti dei destinatari, in assenza di una specifica sanzione giuridica. Il concetto di soft law appare però sicuramente connesso a quello di governance, poiché la produzione di regole che avviene per canali diversi dalle procedure formali tipiche delle istituzioni costituzionali di governo, rinvia a modi nuovi, diversi, di gestire processi decisionali complessi. La governance mira ad includere svariate tipologie di attori: gruppi di esperti e associazioni professionali, parti sociali ed espressioni della società civile, imprese economiche e specialmente associazioni ambientaliste e movimenti sociali. In quest’ottica, l’ approccio precauzionale deve dunque presupporre dinamiche partecipative in grado di coinvolgere la società civile nei processi decisionali, secondo un modello di governance partecipativa dei rischi.
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