L’evoluzione dell’Unione europea verso forme di consolidamento istituzionale e giuridico comporta uno sforzo di analisi degli ordinamenti interni alla luce della necessità di contemperarne le fisionomie. In particolare, si deve tener conto della prospettiva radicalmente nuova aperta dalla proclamazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dal suo possibile confluire, anche attraverso assetti normativi intermedi, in una vera e propria Costituzione europea. Questo orizzonte politico, aperto esplicitamente dalla cosiddetta Dichiarazione di Laeken il 15 dicembre 2001, impone di valutare, innanzitutto, le norme della Carta dei diritti in materia di giustizia (artt.47-50), nonché quelle in tema di libertà fondamentali dell’individuo che abbiano ricadute immediate sul processo penale (ad esempio, gli artt. 4, 6, 7, 8, 19). Tale primo stadio dell’analisi dovrà condurre a verificare la portata della disciplina “di principio” rispetto al dettato della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che ne costituisce il punto di riferimento ideale. Verrà, quindi, approfondito il significato delle singole norme della C.E.D.U., dal cui testo (assai più dettagliato ed articolato) sono state estrapolate le previsioni della Carta dei diritti, in modo da vagliare adeguatamente il senso dell’esclusione di alcuni precetti dalle norme di nuovo conio e l’opportunità di ricalcarne in futuro le opzioni. Fondamentale, a questo scopo, sarà l’analisi della giurisprudenza della Corte europea, che ha contribuito in modo determinante a dare contenuto concreto alle disposizioni convenzionali, precisandone i contorni e la portata. Un secondo stadio della ricerca dovrebbe affrontare trasversalmente i principi della Carta dei diritti relativi al processo penale, attraverso le Costituzioni e le leggi fondamentali dei principali paesi europei, verificando affinità e differenze relative a tematiche quali: il diritto di difesa, i caratteri del giusto processo, la tutela della libertà personale, la presunzione di non colpevolezza, il divieto di un secondo giudizio, e così via. In quest’ottica, si terrà conto, altresì, delle dinamiche evolutive interne agli ordinamenti processuali stranieri e dei temi di maggiore interesse che diano origine a dibattiti e contrapposizioni, proprio nella prospettiva dell’adeguamento agli standard europei. Emblematica, ancora una volta, sarà la verifica della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, per individuare i temi in ordine ai quali sono ravvisabili i maggiori problemi di adeguamento tra il singolo ordinamento processuale nazionale e i precetti della Convenzione. Si tratterebbe di una fase ricognitiva – nella quale si coltiveranno le naturali sinergie con altre unità di ricerca - necessaria non solo a verificare l’esistenza di princìpi comuni (o sostanzialmente assimilabili) in tutti gli ordinamenti, ma anche ad individuare le diversità e vagliarne le possibilità di convergenza. Nel primo caso, lo sforzo dovrebbe essere rivolto alla formulazione di clausole fondamentali tali da ricomprendere le enunciazioni proprie degli ordinamenti che aderiscono all’Unione; nel secondo, di valutare quali siano i profili divergenti, per soppesarne le chances “politiche” di superamento. Lo stadio conclusivo del lavoro di ricerca è volto a tirare le fila di un’analisi effettuata su diversi piani, anche adottando il punto di vista interno a svariati ordinamenti nazionali, oltre che della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. L’obiettivo è la formulazione di vere e proprie “ipotesi di norme” costituzionali in materia di giustizia penale, che consentano di assicurare ai cittadini dell’Unione un giusto processo europeo, i cui canoni non siano abdicabili, talché l’adeguamento ad essi degli ordinamenti nazionali possa essere considerato come una priorità necessaria, oltre che come una possibilità praticabile. Pur muovendosi nei limiti di un progetto di fattibilità tecnica del Testo sovranazionale, la ricerca non perderà la consapevolezza che le opzioni possibili ricadono all’interno di coordinate politiche che vanno dalla mera ricognizione “algebrica” del denominatore comune delle varie realtà normative, alla ricerca di un assetto più avanzato che funga da fattore di promozione delle discipline processuali statuali.

Principi fondamentali della giurisdizione penale nella futura costituzione europea

GIOSTRA, Glauco;CESARI, Claudia;CARACENI, Lina;BOSCO, Valeria
2002-01-01

Abstract

L’evoluzione dell’Unione europea verso forme di consolidamento istituzionale e giuridico comporta uno sforzo di analisi degli ordinamenti interni alla luce della necessità di contemperarne le fisionomie. In particolare, si deve tener conto della prospettiva radicalmente nuova aperta dalla proclamazione della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e dal suo possibile confluire, anche attraverso assetti normativi intermedi, in una vera e propria Costituzione europea. Questo orizzonte politico, aperto esplicitamente dalla cosiddetta Dichiarazione di Laeken il 15 dicembre 2001, impone di valutare, innanzitutto, le norme della Carta dei diritti in materia di giustizia (artt.47-50), nonché quelle in tema di libertà fondamentali dell’individuo che abbiano ricadute immediate sul processo penale (ad esempio, gli artt. 4, 6, 7, 8, 19). Tale primo stadio dell’analisi dovrà condurre a verificare la portata della disciplina “di principio” rispetto al dettato della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che ne costituisce il punto di riferimento ideale. Verrà, quindi, approfondito il significato delle singole norme della C.E.D.U., dal cui testo (assai più dettagliato ed articolato) sono state estrapolate le previsioni della Carta dei diritti, in modo da vagliare adeguatamente il senso dell’esclusione di alcuni precetti dalle norme di nuovo conio e l’opportunità di ricalcarne in futuro le opzioni. Fondamentale, a questo scopo, sarà l’analisi della giurisprudenza della Corte europea, che ha contribuito in modo determinante a dare contenuto concreto alle disposizioni convenzionali, precisandone i contorni e la portata. Un secondo stadio della ricerca dovrebbe affrontare trasversalmente i principi della Carta dei diritti relativi al processo penale, attraverso le Costituzioni e le leggi fondamentali dei principali paesi europei, verificando affinità e differenze relative a tematiche quali: il diritto di difesa, i caratteri del giusto processo, la tutela della libertà personale, la presunzione di non colpevolezza, il divieto di un secondo giudizio, e così via. In quest’ottica, si terrà conto, altresì, delle dinamiche evolutive interne agli ordinamenti processuali stranieri e dei temi di maggiore interesse che diano origine a dibattiti e contrapposizioni, proprio nella prospettiva dell’adeguamento agli standard europei. Emblematica, ancora una volta, sarà la verifica della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, per individuare i temi in ordine ai quali sono ravvisabili i maggiori problemi di adeguamento tra il singolo ordinamento processuale nazionale e i precetti della Convenzione. Si tratterebbe di una fase ricognitiva – nella quale si coltiveranno le naturali sinergie con altre unità di ricerca - necessaria non solo a verificare l’esistenza di princìpi comuni (o sostanzialmente assimilabili) in tutti gli ordinamenti, ma anche ad individuare le diversità e vagliarne le possibilità di convergenza. Nel primo caso, lo sforzo dovrebbe essere rivolto alla formulazione di clausole fondamentali tali da ricomprendere le enunciazioni proprie degli ordinamenti che aderiscono all’Unione; nel secondo, di valutare quali siano i profili divergenti, per soppesarne le chances “politiche” di superamento. Lo stadio conclusivo del lavoro di ricerca è volto a tirare le fila di un’analisi effettuata su diversi piani, anche adottando il punto di vista interno a svariati ordinamenti nazionali, oltre che della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. L’obiettivo è la formulazione di vere e proprie “ipotesi di norme” costituzionali in materia di giustizia penale, che consentano di assicurare ai cittadini dell’Unione un giusto processo europeo, i cui canoni non siano abdicabili, talché l’adeguamento ad essi degli ordinamenti nazionali possa essere considerato come una priorità necessaria, oltre che come una possibilità praticabile. Pur muovendosi nei limiti di un progetto di fattibilità tecnica del Testo sovranazionale, la ricerca non perderà la consapevolezza che le opzioni possibili ricadono all’interno di coordinate politiche che vanno dalla mera ricognizione “algebrica” del denominatore comune delle varie realtà normative, alla ricerca di un assetto più avanzato che funga da fattore di promozione delle discipline processuali statuali.
2002
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/132214
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