Nel lungo crepuscolo della modernità, molti studi attenti alla crisi di paradigmi e lessici in contesti globali non hanno mancato di appuntarsi sul cedimento della cittadinanza nazionale, quale categoria capace di attribuire diritti e titoli di accesso alla comunità politica, per volgere lo sguardo a modelli post-statuali che “basculano” tra un ripensamento dei diritti umani e un’idea di cittadinanza cosmopolitica. L’esito combinato di riflessioni maturate a seguito di una ricerca sui luoghi di inclusione-esclusione riguardante un caso-studio – il condominio Hotel House di Porto Recanati, gigantesco immobile degradato in cui si concentra un altissimo numero di migranti – e dell’ormai evidente fragilità costitutiva di formule giuridiche per soggettività astratte che obliterano le individualità concrete nei loro contesti e vissuti, ci porta a tenere fermo il piano di indagine all’altezza dei luoghi e delle relazioni che significano l’esistenza dei migranti. Senza revocare in dubbio l’attitudine integrativa veicolata dalla cittadinanza formale, va rimarcato che il percorso di entrata, accesso e integrazione in un territorio rinvia all’appartenenza politica (in senso relazionale), quale insieme di principi e pratiche volte a tessere legami nei vari contesti in cui si dispiega l’esistenza umana. Luoghi e spazi, a partire dalla stessa casa, non sono un elemento accessorio nella vita di ognuno, e a dimostrarlo è la condizione di quanti sono posti ai margini e appaiono soggetti politici per difetto. Se la progressiva marginalizzazione materiale e politica è scandita da un processo di deprivazione che va dalla casa al mondo, passando per la perdita dell’appartenenza politica (Homelessness, Statelessness, Worldlessness), questa traiettoria sottrattiva non fa che mostrare, benché in negativo, come la sostanza e il sottosuolo dei diritti riguardino la possibilità di avere un posto nel mondo in cui l’esistenza acquisti significato e di vivere in uno spazio in cui costruire relazioni. Questa cittadinanza appaesata “di fatto” in più luoghi e contesti e immanente ai rapporti sociali apre a due questioni che attengono per un verso alla funzione dei governi locali nel promuovere o rallentare la tessitura di rapporti civici per i migranti, per un altro alla funzione che il titolo di proprietà, della casa in particolare, ha sul fronte/frontiera di quel processo di soggettivazione e consapevolezza di sé. Gli esiti della ricerca condotta a proposito del caso-studio Hotel House ci interrogano riguardo al rapporto tra policy locale e cittadinanza subnazionale, mettendo in luce il ruolo che il locale in senso lato – quartiere, comune – va assumendo nella pratica dei diritti, anche alla luce di un dibattito su nuove forme di municipalismo in cui la dimensione relazionale locale costituisce uno snodo nevralgico sia per monitorare le politiche governative che per promuovere azioni valide nelle pratiche migratorie. A proposito del diffuso acquisto di immobili da parte dei migranti in una struttura degradata come quella dell’Hotel House, tale studio ci porta a riflettere sull’impiego di uno strumento tipicamente moderno di affrancamento/soggettivazione, la proprietà della casa, quale modalità per radicarsi in un contesto abitativo che non attiva processi significativi in termini di appartenenza politica e di relazioni in uno spazio di visibilità.

Prassi integrative locali e appartenenza politica: un caso di proprietà desoggettivante

MATTUCCI, NATASCIA
2011-01-01

Abstract

Nel lungo crepuscolo della modernità, molti studi attenti alla crisi di paradigmi e lessici in contesti globali non hanno mancato di appuntarsi sul cedimento della cittadinanza nazionale, quale categoria capace di attribuire diritti e titoli di accesso alla comunità politica, per volgere lo sguardo a modelli post-statuali che “basculano” tra un ripensamento dei diritti umani e un’idea di cittadinanza cosmopolitica. L’esito combinato di riflessioni maturate a seguito di una ricerca sui luoghi di inclusione-esclusione riguardante un caso-studio – il condominio Hotel House di Porto Recanati, gigantesco immobile degradato in cui si concentra un altissimo numero di migranti – e dell’ormai evidente fragilità costitutiva di formule giuridiche per soggettività astratte che obliterano le individualità concrete nei loro contesti e vissuti, ci porta a tenere fermo il piano di indagine all’altezza dei luoghi e delle relazioni che significano l’esistenza dei migranti. Senza revocare in dubbio l’attitudine integrativa veicolata dalla cittadinanza formale, va rimarcato che il percorso di entrata, accesso e integrazione in un territorio rinvia all’appartenenza politica (in senso relazionale), quale insieme di principi e pratiche volte a tessere legami nei vari contesti in cui si dispiega l’esistenza umana. Luoghi e spazi, a partire dalla stessa casa, non sono un elemento accessorio nella vita di ognuno, e a dimostrarlo è la condizione di quanti sono posti ai margini e appaiono soggetti politici per difetto. Se la progressiva marginalizzazione materiale e politica è scandita da un processo di deprivazione che va dalla casa al mondo, passando per la perdita dell’appartenenza politica (Homelessness, Statelessness, Worldlessness), questa traiettoria sottrattiva non fa che mostrare, benché in negativo, come la sostanza e il sottosuolo dei diritti riguardino la possibilità di avere un posto nel mondo in cui l’esistenza acquisti significato e di vivere in uno spazio in cui costruire relazioni. Questa cittadinanza appaesata “di fatto” in più luoghi e contesti e immanente ai rapporti sociali apre a due questioni che attengono per un verso alla funzione dei governi locali nel promuovere o rallentare la tessitura di rapporti civici per i migranti, per un altro alla funzione che il titolo di proprietà, della casa in particolare, ha sul fronte/frontiera di quel processo di soggettivazione e consapevolezza di sé. Gli esiti della ricerca condotta a proposito del caso-studio Hotel House ci interrogano riguardo al rapporto tra policy locale e cittadinanza subnazionale, mettendo in luce il ruolo che il locale in senso lato – quartiere, comune – va assumendo nella pratica dei diritti, anche alla luce di un dibattito su nuove forme di municipalismo in cui la dimensione relazionale locale costituisce uno snodo nevralgico sia per monitorare le politiche governative che per promuovere azioni valide nelle pratiche migratorie. A proposito del diffuso acquisto di immobili da parte dei migranti in una struttura degradata come quella dell’Hotel House, tale studio ci porta a riflettere sull’impiego di uno strumento tipicamente moderno di affrancamento/soggettivazione, la proprietà della casa, quale modalità per radicarsi in un contesto abitativo che non attiva processi significativi in termini di appartenenza politica e di relazioni in uno spazio di visibilità.
2011
9788860562951
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/128205
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